Tra le attività estive di successo c’è quella di banchettare in compagnia. Si ha l’impressione che il tempo delle vacanze sia estrapolato dalla vita di ognuno e che abusi alcoolici e alimentari d’agosto non siano compresi nelle sempiterne alimentazioni controllate. Quindi capita di incontrare soggetti che per tutto l’anno si seviziano con le gallette dissapìte e ‘ntufànti di riso integrale e che d’estate godono, sbrodolandosi col ripieno incandescente di panzerotti fritti nell’olio esausto di un tir, acquistati a Castellaneta Marina da Peppo Morchia, noto intossicatore jonico.
Oppure signore attentissime alla linea, al punto che la dieta gli viene elaborata con l’autocad, che si sfondano di Primitivo «vecchia guardia», vino dalle riconosciute facoltà afrodisiache dopo il settimo calice. Nessun paio di gambe femminili sfugge a tale destino friccicoso, coadiuvato dalla abbronzatura luminosa conquistata sulle spiagge nascoste di Torre Columena. Motivo che dovrebbe indurre mariti, fidanzati, amanti, occasionali, uomini di fatica e affini, ad allontanare le bottiglie piene del viatico messapico alla passione modello «chi si trova, trova» dalla disponibilità delle bevitrici dalla claudicante prudenza, prima dell’irreparabile.
I momenti di convivialità familiare sono battaglie gastronomiche senza quartiere: alla parmigiana di melanzane fritte della zia Franca, con più stratificazioni della Penisola Sorrentina, si contrappongono gli arrosti di cui si deve occupare solo zio Salvatore, preventivamente dotato di mezza cassa di birre salvavita, perché «solamente lui sa come si deve fare la carne sul fuoco». Cosa contano i mesi invernali passati ad amoreggiare con tentazioni vegetariane e perversioni vegane? Niente. Niente. Niente. Così sono cancellati quei momenti di devastante malinconia passati con mortali crudités, menagrami centrifugati di verdure e luttuosi frammenti di tofu, consumati in poltrona, di fronte alla tv; attimi che hanno contribuito a creare sensazioni psichedeliche, al punto da confondere i funerali della regina Elisabetta con Techetechetechetè, e non saper più se re Giorgio cantava col Quartetto Cetra o se Paul Anka fosse stato ispirato da Lady Diana.
Cosa conta tutto questo al cospetto di angurie ubriacate di rum, di torte della nonna assassine, della pasta al forno della caniàta di su, delle orecchiette «col sugo semplice senza cacioricotta» che piacciono solo al nipote scemo «che è tanto bravo e ubbidiente», dei salumi calabresi portati da Rocco detto «Massimo Rispetto», tutti tempestati di pepe, peperoncino, finocchio, pistacchio, stravecchio e scarabocchio? Niente. Niente. Niente.
Ci sarà tempo per le diete. Nei freddi mesi che verranno. A patto di arrivarci vivi. Però, per il momento, portatemi le polpette che sono avanzate ieri. Grazie.