Domenica 07 Dicembre 2025 | 19:32

Nostalgia delle «fanoije» un simbolo comunitario

Nostalgia delle «fanoije» un simbolo comunitario

 
rossella palmieri

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rossella palmieri

Nostalgia delle «fanoije» un simbolo comunitario

A Foggia un tempo c’era la gara tra i rioni

Domenica 07 Dicembre 2025, 11:14

Fuoco che riscalda, che purifica, che prepara. Era una tradizione atemporale, di quelle che viaggiano tra generazioni senza perdere di valore simbolico, anche se nel tempo si è un bel po’ sfumata, è il caso di dire. E del resto l’ordinanza che le vieta – necessaria perché anche sulle cose belle agisce purtroppo vandalismo – parla ancora più chiaro. Protagoniste indiscusse erano le “fanoije”, i grandi falò: un tempo si faceva una vera e propria gara tra quartieri a chi li realizzava più alti e più belli. L’Immacolata Concezione si festeggia(va) così, con queste enormi cataste di legno che era già un piacere raccogliere in un unico blocco in attesa che i fedeli uscissero dalle Chiese per l’inizio della processione. L’aspetto religioso è chiaro: si celebra così la futura maternità della Madonna che asciuga al fuoco i miseri panni del Bambino. Un momento intenso, simbolico, che per un po’ ha ceduto al fascino per così dire pagano senza tuttavia perdere di ‘allure’; ma vero è anche che nessuno celebra più niente, e con più di una buona ragione. Non è ancora tempo di bilanci e consuntivi benché fine anno sia alle porte, ma c’è dell’altro che brucia, e non solo simbolicamente. Palazzo Trifiletti ad esempio, al centro di una delle più importanti arterie cittadine che giace da un trentennio in condizioni pietose; spettacolo poco degno per una città che voglia fregiarsi di un minimo di decoro urbano. Dopo ripetute segnalazioni ed evidenti lingue di fuoco che si sono alzate in piena notte – altro che fanoije – pare che inizi un iter di messa in sicurezza, ci auguriamo veloce. E che inizi anche, benedetti come i panni del Bambinello, un percorso di maggiore consapevolezza che porti finalmente a individuare cosa ci rende fanalino di coda tra le città d’Italia, cosa manca per creare una rete culturale che non dia la dimensione della frammentazione ma, al contrario, della rete; cosa occorre per rendere le strade più eleganti, pulite e sicure. E così, pieni di speranze, ci incamminiamo verso la fine dell’anno come il cavaliere del secchio dell’apologo di Kafka che Calvino cita nelle “Lezioni americane”. Se il secchio fosse pieno di carbone, il cavaliere non potrebbe volare, e soprattutto dar vita a una ‘ricerca’, che già di per sé vale lo sforzo. Così auspica Calvino: “a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portare”. Vale anche per noi.

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