Che sull’autonomia differenziata ci sia stata una vittoria da parte delle Regioni che si opponevano (Puglia, Campania, Toscana, Sardegna) è più certo del Natale il prossimo 25 dicembre. Nel giorno della vittoria anche dell’Italia calcistica e del mitico Sinner. Ma attenzione alle trappole perché non sia una vittoria solo a parole. Tanto per cominciare, non si è verificato una volta che una decisione della Corte Costituzionale sia stata ignorata alla grande dai governi che dovevano rispettarla. Poi il richiamo della Corte al Parlamento: lì si deve modificare la legge più antitaliana e più anti-Sud della storia. Un Parlamento che con la sua maggioranza la aveva però approvata con solo qualche distinguo (ma a posteriori) di Forza Italia. Nessuno scrupolo da parte di nessuno dei parlamentari meridionali, come se fossero di un altro Sud. E poi l’ineffabile padre di tutto ciò, il ministro Calderoli, l’ha già fatto sapere (sia pure con la coda fra le gambe): andremo, andremo in Parlamento. E se non se ne farà niente, si andrà avanti «a legislazione vigente», cioè resta la legge appena smantellata dai giudici costituzionali. Così per capirci.
Calderoli è tanto Calderoli da aver aggiunto che gli oppositori «hanno fatto cilecca» perché volevano l’abolizione totale della legge, che non c’è stata. Vedremo cosa succederà con i referendum, anche se non è certo a questo punto come e quando e se si faranno. Referendum che avrebbero la forza d’assalto di oltre 500 mila firme in pochi giorni. Ma anche il dubbio concreto di partecipazione al voto viste le ultime astensioni seriali. Ma che in ogni caso sarebbero come fumo negli occhi della premier Meloni e del suo conclamato spirito nazionale, perché comunque sancirebbero lo scontro plateale fra Nord e Sud. E certo non per colpa del Sud. Sancirebbero una volta per tutte che questo è un Paese nato male e vissuto peggio. Un Paese di italiani e di diversamente italiani.
Che ancora lo sia, è più chiaro di un cielo mediterraneo (questi giorni a parte). L’autonomia differenziata avrebbe fatto diventare definitivo (e per legge) un divario diventato economico e sociale, ma partendo dalla più grave diseguaglianza d’Europa a danno del territorio di un Paese. Divario che appunto non parte da meridionali incapaci e inferiori (come a suo tempo un Vittorio Feltri disse anche in tv). Ma dalla sperequazione dei mezzi messi a disposizione dallo Stato con i suoi vari governi. Un divario di diritti di cittadinanza, cioè servizi e infrastrutture. Con lo Stato che ha sempre violato la sua stessa Costituzione secondo la quale io che sono nato, mettiamo, a Taranto o Matera, non posso essere trattato peggio di uno nato a Pavia o Padova. La Corte ha fatto sapere che appunto la legge smantellata avrebbe peggiorato la situazione. Altro che il governatore veneto Zaia e la sua assicurazione filantropica di volere solo il bene del Sud.
Avevano già chiesto (lui e i suoi compagni di merenda lombardi e piemontesi) di scippare allo Stato tutto ciò che era scippabile e anche oltre. Buoni, è stata la risposta della Corte, solo alcune funzioni mirate e motivate. Escluse tanto per cominciare quelle che ritenevano (e si capisce) premium: la sanità e la scuola. Chi può curarsi con tutte le attenzioni e chi può morire ammazzato. Ma anche buoni con queste intese bilaterali, Calderoli & amici. E buoni con queste tasse trattenute nelle proprie regioni, violazione che avrebbe cancellato non solo la solidarietà nazionale, ma anche ogni significato dello stare insieme. E buoni con questi Lep (Livelli essenziali di prestazione, cioè servizi come appunto sanità, scuola, trasporti pubblici locali, assistenza agli anziani) stabiliti da questa commissione presieduta da un Cassese ormai irriconoscibile. Senza che il Parlamento ci mettesse il naso, tanto da aver già provato il colpo di mano di dare di più ai più ricchi e meno ai più poveri perché i ricchi bevono champagne a tavola e questo gli fa aumentare il costo della vita.
Insomma giovedì 14 novembre si è rimessa la chiesa al centro del villaggio. Ristabilendo il buon senso oltre che la giustizia. Non si possono fare le riforme degli uni a danno degli altri, ancora più di quanto gli uni siano già i privilegiati e gli altri siano già i penalizzati. Bisogna ammettere che per il Sud è stata una partita di contropiede, una partita per non stare ancora peggio. Ma combattuta finora tanto alla grande dalle sue Regioni (Puglia in testa) da convincere che se il Sud si muove tutto insieme, si potrebbe vincere anche la partita fondamentale. Quella di una pari dignità che non costringa ancora i suoi giovani ad andare via, i suoi vecchi a non curarsi, i suoi ragazzi a non poter studiare come vogliono. Una vittoria della società civile. Quella politica non pervenuta.