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Dobbiamo parlare con il cuore! Da Papa Francesco un messaggio ai comunicatori del mondo

 
Emanuela Megli

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Emanuela Megli

Papa Francesco in Basilicata? «Dategli occasione per venire»

L’UCSI Puglia (Unione Cattolica Stampa Italiana), ha organizzato un dibattito in collaborazione con l’ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi Bari-Bitonto in vista della 57ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, il 21 maggio, nel Giorno della Memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli scrittori

Martedì 28 Marzo 2023, 13:16

30 Marzo 2023, 12:40

Parlare con il cuore. Sono queste le parole con cui il 24 gennaio Papa Francesco introduce il Messaggio per la 57ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali che ricorre il 21 maggio, nel Giorno della Memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli scrittori.  E su questo messaggio del santo Padre, l’UCSI Puglia (Unione Cattolica Stampa Italiana), ha organizzato un dibattito in collaborazione con l’ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi Bari-Bitonto, presso il nuovo Teatro Abeliano di Bari, moderato dalla sua presidente Michela Di Trani. «Siamo ciò che comunichiamo» diceva San Francesco di Sales, ha ricordato l’Arcivescovo Satriano che ha preso parte all’evento, a cui erano presenti anche i giovani studenti dell’università di Bari, in Scienze della Comunicazione e Formazione e i giovani studenti dell’Istituto Panetti di Bari, ovvero partendo dalla considerazione che tutto è un dono nella vita e dalla gratitudine per ciò che abbiamo ricevuto, possiamo vivere comunicando questo dono, scorgendo la bellezza nelle piccole cose che ci accadono.

Vincenzo Morgante, direttore di «TV2000» e Mimmo Muolo, Vaticanista di «Avvenire», hanno tracciato cosa significa parlare con il cuore, per le due testate principali di orientamento cattolico in Italia. Per Morgante, considerare sempre la persona di cui si parla, non solo i numeri, le statistiche, ma narrare i fatti con terzietà oggettiva, ma mai con terzietà verso le persone che sono dentro i fatti.

Molto forte la considerazione del direttore Morgante, della propria esperienza di relazione con l’intervistato, non finalizzata alla buona riuscita della notizia, ma orientata alla valorizzazione dello scambio umano ed interpersonale che avviene in sé stesso, nel processo di comunicazione. Esso dà valore all’informazione, poiché è racchiusa nel senso di quell’esperienza. Un’esperienza generativa – come ho avuto modo di esprimere in un intervento a braccio - in cui comunicare con il cuore vuol dire aprirsi con cognizione e sentimento all’ascolto, predisponendosi attraverso un dialogo nella nostra interiorità, perché emerga quella visione nuova del narrato che prima non c’era. Significa usare un codice che è anche tipico femminile, della dolcezza e gentilezza, avere il fiuto dell’amore, della positività, come diceva Chiara Lubich, per poterla evidenziare e far risaltare, senza omettere i fatti, ma accanto ad essi, offrendo anche una visione di speranza.

Essere, dunque persona, prima che giornalista e ritrovando l’integrità interiore, poter riportare i valori della persona nella professione, rimettendo l’etica dell’essere giornalista e del «come» parlare e scrivere, prima che del «fare» notizia. Dalla radice latina, comunicare, unire, mettere insieme, questo il grande scopo della comunicazione. La responsabilità del linguaggio, che rappresenta la nostra realtà, la capacità di creare un clima, un’atmosfera di com-prensione nella relazione. Intervento ripreso dal direttore Morgante allorquando ha richiamato il fine lavoro di scelta delle parole che i giornalisti devono fare, poiché da una parola può dipendere un intero destino.

Mimmo Muolo, ha anche riportato alcuni esempi dell’ostilità anticattolica che dilaga sia nelle narrazioni letterarie che sui social media – generalizzando spesso una disinformazione-, la quale causa una lotta al «giornalismo cattolico», talvolta senza onestà intellettuale finalizzato ad additare, che ci interroga e stimola a ripensare un nuovo progetto culturale, poiché il giornalismo, anche se con approccio laicista, deve basarsi sempre sullo studio e sulla serietà professionale limitando queste derive, poiché riferisce lo sguardo sulla realtà a partire da una visione più ampia e non ridotta dalla lente della confessione o della religione. La fede è uno stile, sembrava voler dire e non un’ideologia che viene applicata alla lettura del presente e della storia.

Un riferimento all’ideologia del culto dell’individualismo, ripresa in conclusione dall’arcivescovo Giuseppe Satriano, che ha messo in evidenza quanto negli ultimi anni essa abbia spostato l’attenzione dalle relazioni e dalla comunicazione empatica, ai bisogni commerciali dei singoli individui, impoverendo l’educazione fin dai primi anni di vita, in cui i bambini, in assenza di relazioni forti e effettivamente strutturate, crescono sempre più senza riferimenti e senza modelli, esposti nella crescita ai venti fluttuanti delle proposte consumistiche, come utenti di un mondo che ha trasformato i rapporti in scambi commerciali, ha mercificato le persone rendendole consumatori da aggredire e usare.

Così, ha richiamato la necessità di un ritorno all’etica, alla comunicazione vera, che significa interagire con l’altro a partire dal valore dei rapporti, senza secondi fini, dall’educazione al linguaggio del cuore e dei sentimenti con la capacità di ascoltare e di creare condivisione, speranza e ricostruzione. Una credibilità che va ancora conquistata, recuperando secoli di autoreferenzialità della Chiesa, che oggi sta avviando questo percorso di presenza nella storia, che dice nel primo messaggio ai comunicatori «andare a vedere», «ascoltare con il cuore» e adesso «parlare con il cuore» sollecitato e promosso dal pontefice per gettare il cuore oltre l’ostacolo, abbattendo i pregiudizi e i preconcetti e rimettendoci accanto l’uno all’altra per condividere e co-costruire un nuovo presente e un nuovo futuro.

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