Gentile ministro Roberto Cingolani, qualche giorno fa durante un’intervista rilasciata ad un giornalista, lei ha detto con una chiarezza cui gli italiani non sono abituati - sarà forse perché non è un politico di professione e perché prima di fare il ministro della Transizione Ecologica ha lavorato come fisico e dirigente d’azienda - che gli aumenti dei carburanti di queste settimane non sono motivati e che anzi, si tratta di una colossale truffa. Agli italiani e allo Stato. Ha poi spiegato che la crescita dei prezzi non è correlata alla realtà dei fatti drammatici di queste settimane, ma ad una spirale speculativa su cui guadagnano in pochi a spese delle imprese e dei cittadini.
Converrà che più ripugnante della guerra ci sono solo quelli che sulla guerra lucrano, speculano, si arricchiscono. Dopo le sue parole, precise e forti, sarebbe stato auspicabile che chi la intervistava le avesse chiesto che cosa, a questo punto, intendesse fare – da ministro - per bloccare le speculazioni. Perché la truffa è un reato. E i reati si perseguono. E dunque, immaginiamo, che in questa settimana accadrà qualcosa tipo «al mio segnale scatenate l’inferno» come nel film Il Gladiatore. Ecco: lei il segnale l’ha dato (e che segnale) e ora si attende che Guardia di Finanza e Procure agiscano. Magari con la stessa tempestività con cui la Commissione di Garanzia per gli scioperi ha bocciato quello che gli autotrasportatori, previsto per il 14 marzo, e bocciato perché mancava il preavviso di 25 giorni. Perché lo Stato, quando vuole, funziona. Potrebbe funzionare ancora meglio se cancellasse, data la situazione che lei ha raccontato, le accise : gravano per il 50% sul prezzo finale. Lei che non è politico di professione (quelli che in Italia hanno privilegi intoccabili ) avrà sorriso come la gran parte degli italiani, quando, nelle varie campagne elettorali i candidati promettono la cancellazione delle accise: siamo il Paese europeo dove si pagano le accise più alte.
Terremoti, crisi migratorie, emergenze varie. Ce le abbiamo tutte noi, ministro: e siccome in Italia le emergenze diventano permanenti c’è un’accisa che riguarda, appena, la guerra d’Etiopia del 1935. Insomma, un’accisa in Italia è per sempre. Certo, cancellarle sarebbe una mazzata pesante per il gettito (2 miliardi al mese) che lo Stato ne ricava: ma, come dire, i limoni sono stati spremuti abbastanza. E i sacrifici si chiedono dando l’esempio nel farli, Stato in primis. Converrà, infine: sciopero o non sciopero, il Paese - se si fermano gli autotrasportatori che non possono certo rifornire i camion rimettendoci di tasca propria - si blocca. Le filiere produttive, i rifornimenti alimentari, e tutto il lungo resto che compone in ampia parte l’economia italiana. Con la tensione sociale legata ad un filo sempre più sottile. Ora e subito, ministro: perché l’attesa che la spirale speculativa venga arrestata, in tutti i sensi, potrebbe essere lunga: la nebulosa dei vari cartelli, piattaforme, sigle, società che stabiliscono i prezzi dei carburanti (c’è pure l’Eni partecipata al 30 % dallo Stato che lei rappresenta) è peggio di quella della via Lattea nelle notti di pioggia. E non c’è più tempo, di ammuìna ne abbiamo sopportata fin troppa.