Non è pensabile che una voce come quella della Gazzetta del Mezzogiorno possa essere spenta: serve il buon senso di capire che ciò che sta avvenendo è l'effetto collaterale di una situazione di altra natura che ha determinato un fatto così pesante. Do per scontate le parole dedicate al giornalismo, sono iscritto all'Ordine e quindi collega, ma voglio dire che il più autorevole quotidiano del Sud, una voce importante per il Paese, non si può eliminare.
Un giornale che chiude è sempre un fatto luttuoso e in questo caso stiamo parlando della voce più rappresentativa del Mezzogiorno e spero che lo si capisca in tutte le sedi, comprese quelle istituzionali. Si deve auspicare che la magistratura di cui tutti rispettiamo le funzioni, si muova con saggezza e celerità. Saremmo di fronte agli effetti collaterali di un atto istruttorio che nulla ha a vedere con la storia del giornale; una questione inimmaginabile, dato che non è una questione di puri effetti economici.
Ho un rapporto storico con la Gazzetta del Mezzogiorno, da quando ero un giovane militante della politica e spesso il giornale era visto come la voce di Aldo Moro. La mia amicizia con i direttori che si sono succeduti - sin dai tempi di Giuseppe Giacovazzo fino ad oggi con Giuseppe De Tomaso - non mi impedisce di testimoniare che questo giornale rappresenta la voce del pluralismo del Mezzogiorno, da sempre. Indipendentemente dalla proprietà, la Gazzetta ha sempre mantenuto la sua anima e il suo stile. E anche negli ultimi burrascosi periodi, nonché negli anni precedenti, senza voler fare un complimento al mio amico Giuseppe De Tomaso, dico che la Gazzetta è guidata da un grande professionista, uno dei veri e autentici liberali, in un'era in cui tutti si dicono tali e non lo sono.