Giovedì 11 Dicembre 2025 | 15:42

I numeri sono da brividi, ma la corruzione in Puglia non può essere un destino

I numeri sono da brividi, ma la corruzione in Puglia non può essere un destino

 
Dario Stefàno

Reporter:

Dario Stefàno

I numeri sono da brividi, ma la corruzione in Puglia non può essere un destino

C’è un’Italia che continua a scorrere sottotraccia, invisibile a molti ma fin troppo «concreta»: è l’Italia corrosa dalla corruzione. E in questo quadro nazionale, la Puglia emerge con un primato che non può essere ignorato ed è qualcosa di più di un alert

Giovedì 11 Dicembre 2025, 14:00

C’è un’Italia che continua a scorrere sottotraccia, invisibile a molti ma fin troppo «concreta»: è l’Italia corrosa dalla corruzione. E in questo quadro nazionale, la Puglia emerge con un primato che non può essere ignorato ed è qualcosa di più di un alert. Con 110 indagati in un solo anno, la regione si colloca infatti sul «podio» (se così si può dire) delle aree più esposte, superata soltanto da Campania e Calabria. Un risultato che non può essere certo vissuto come motivo d’orgoglio e che, anzi, pone interrogativi profondi sulla tenuta delle istituzioni locali.

I numeri diffusi da Libera nel dossier «Italia sotto mazzetta», presentato alla vigilia della Giornata internazionale contro la corruzione, raccontano una realtà che rischia di essere solo la parte visibile di un fenomeno che, forse, é ben più esteso. Lo studio fotografa, infatti, le inchieste avviate tra gennaio e dicembre 2025 e che inquadrano 96 indagini in un anno, otto al mese, 49 procure coinvolte in 15 regioni e oltre mille persone finite sotto accusa. L’anno precedente erano state 588. Un balzo quasi doppio che, da solo, dovrebbe bastare a far scattare qualcosa di più di un campanello d’allarme.

Dal dossier di Libera il Mezzogiorno e le Isole continuano a essere indicate come l’epicentro del problema, inquadrando quasi la metà delle inchieste nazionali.

Ed anche in questo quadro di criticità la Puglia spicca in modo allarmante: non solo per il numero complessivo degli indagati, ma anche perché - insieme alla Campania - detiene il record negativo del maggior numero di esponenti politici coinvolti. Sono 13 quelli finiti nelle maglie delle indagini in Puglia: sindaci, assessori, consiglieri. Una cifra che supera regioni molto più popolose come Lombardia e Sicilia.

Dietro questi numeri non ci sono solo reati tecnici o statistiche fredde, ci sono pratiche che incidono sulla vita quotidiana. Si passa dalle false attestazioni per ottenere documenti o cittadinanze ai meccanismi opachi che pilotano appalti sanitari, smaltimento rifiuti, opere pubbliche, edilizia e persino servizi scolastici. Non mancano i concorsi universitari manipolati (qualche alert forse c’era già…), gli scambi politici-elettorali, le grandi opere condizionate da organizzazioni mafiose. Una geografia dell’illegalità che attraversa tutto il Paese, da Torino a Palermo, da Bari a Milano, lambendo anche città più piccole come Latina o Avellino.

Il punto più inquietante, tuttavia, non è la quantità delle inchieste, ma la qualità del sistema che emerge. Le strutture corruttive sembrano ormai funzionare come organismi ben rodati: ruoli, intermediari, regole non scritte che garantiscono il «buon funzionamento» del malaffare. A gestire questo equilibrio ci sono dirigenti pubblici compiacenti, imprenditori spregiudicati, colletti bianchi, faccendieri e, talvolta, esponenti del mondo mafioso. Un ecosistema nel quale la corruzione appare sempre più come una pratica accettata, quasi parte integrante del modo di amministrare e fare impresa. Ed è forse questa la minaccia più subdola: la normalizzazione del fenomeno. Quando l’illegalità diventa routine, quando le scorciatoie sembrano strategie «vincenti», quando i disonesti paiono avere sempre una marcia in più, allora si crea ciò che Libera definisce una «selezione dei peggiori». Un processo che impoverisce la qualità della democrazia e dei servizi pubblici, mina la fiducia dei cittadini e alimenta un senso di rassegnazione che rischia di essere ancora più corrosivo della corruzione stessa.

La Puglia - come il resto del Paese - non può più permettersi questa deriva. I suoi 110 indagati non sono solo un dato numerico, sono un monito. Sono la prova che il problema esiste, è concreto, non va sottaciuto ma va affrontato. Perché la corruzione non è un destino ineluttabile. È una battaglia, prima di tutto culturale, da combattere senza se e senza ma, che richiede istituzioni trasparenti, società vigile e cittadini che rifiutino l’indifferenza.

Oggi, però, la vera sfida è impedire che la rassegnazione diventi complice. Solo così la Puglia potrà liberarsi da un primato che la sua storia ed i cittadini pugliesi non meritano, per riconquistare una «fiducia pubblica» che è condizione essenziale per ogni sviluppo civile e democratico.

Ecco, sarebbe cosa buona che, tra i principali dossier che accompagnano l’avvio di questa nuova legislatura regionale, si trovi spazio anche per affrontare questa sfida.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)