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Il risveglio del dio che ha perso la testa

 
Silvio Perrella

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Silvio Perrella

Sedersi a guardare tra passi e soprabiti

Ritrovato l’organo pensante abbandonato da un tempo incontabile in una cassa nel buio di un deposito

Giovedì 10 Agosto 2023, 07:00

La vescichetta del signor Acciuga non va detto esattamente in quale parte del suo corpo si trovi.

Va detto invece che produce un liquido vischioso che è forse legato alle sue malinconie; un po’ bile verdastra, un po’ sogno vermiglio andato a male, un po’ sedimento bluastro che arriva lì dagli organi più reattivi e soprattutto dalla mente.

Questo liquido vischioso arlecchinesco il signor Acciuga ha imparato a usarlo in alcune speciali occasioni nelle quali è necessaria un’opera di restauro o più propriamente un rito di ricongiunzione.

L’amico archeologo di Baia, quando ha ritrovato la testa mancante, l’organo pensante abbandonato da un tempo incontabile in una cassa polverosa nel buio di un deposito, ha subito pensato che il signor Acciuga sarebbe stata la persona adatta per ristabilire l’intero, per dar vita a un corpo prezioso, il corpo che lui sa essere quello di un dio.

Ha predisposto la panchina più comoda del Castello di Baia; una panchina fatta di tufo come gran parte del maniero; l’ha collocata in prossimità del mare; e ha aspettato l’arrivo del suo amico.

Il signor Acciuga con i suoi nuovi occhi rifioriti è emerso dall’acqua salina, portando ancora con sé il sale siciliano degli Stagnoni e degli stagni; il suo viaggio sottomarino lo ha portato a sfiorare le radici dei vulcani eolici e lo ha condotto verso la Corricella e Capo Miseno fino all’apparire di una città sommersa in piena attività ma da lasciare al silenzio avventuroso del non dire.

L’amico archeologo è un tipo un po’ tracagnotto; ha una bella prominenza che si potrebbe chiamare pancetta; si riscatta però nel viso, che è levigato come un ciottolo e soprattutto ha due occhi smeraldini e translucidi che sembrano stati ideati da Gambone, il ceramista per eccellenza della scuola vietrese.

Quando il signor Acciuga, ancora gocciolante, si siede sulla sua panchina tufacea, è tutto pronto: il busto è stato ripulito e il collo mozzo splende alla luce del meriggio; la testa riccioluta e con una strana macchia sulle labbra e sul mento è appoggiata a una pietra concava che la tiene come in una culla.

Il signor Acciuga deposita il liquido vischioso estratto in modo fulmineo dalla sua vescichetta in un’ampollina antichissima sulla quale sono raffigurate due ali di colori diversi; difficili da definire con la dovuta e necessaria precisione e che dunque vanno lasciati all’immaginazione di chi ha occhi e sogni per guardare.

Inutile dire che si tratta degli occhi dell’archeologo tracagnotto che si è già messo al lavoro: ha un berretto che lo protegge dal sole, guanti di uno strano lattice, una tuta che gli pende da un lato, infradito viola affondate nell’acqua.

La testa viene presa con cautela ma anche con una rapidità che si fa sveltezza nel momento delle congiunzione con il corpo, biancore su biancore, marmo pronto alla trasmutazione.

Al contatto tra testa e corpo si sente come un friggere di cellule, una messa in moto di vasi sanguigni, uno scorrere di liquidi nei circuiti arteriosi, uno svegliarsi dal sonno.

Il signor Acciuga guarda con grande attenzione; sa che risvegliare Hermes-Mercurio è un’operazione rischiosa; si tratta di un dio inafferrabile, velocissimo come l’aria anche se apparentemente il marmo che ha davanti non possiede le ali; soprattutto è un essere capace d’infinite mediazioni, di corrispondenze inattese, di fughe e ritorni.

Gli guarda la folta capigliatura riccioluta, le sopracciglie arcuate, gli occhi rimemoranti e arguti, la voglia vermiglia sulla bocca, le orecchie ben attaccate al viso; ma sa che non può fermarsi ai dettagli, deve mirare all’intero, a quell’intero che sta riformandosi, che sta per infilarsi in un mondo inaridito dove gli dei sono stati scacciati.

Anche gli occhi dell’archeologo sono concentrati sulla faccia allusiva e misterica del dio; né lui né il signor Acciuga sanno cosa può accadere dai gesti che stanno compiendo; però non si sottraggono all’avventurosità di una possibile scoperta, di una ricongiunzione che sembrerebbe impossibile e che invece potrebbe ridare alla vita degli umani un altro punto di vista, una quarta parete, un nuovo guizzo.

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Silvio Perrella

La Panchina

Biografia:

La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.

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