Il vento arricciola l’aria, la fa inquieta, arrischiata, indigesta d’assaggiare; è una bora che corre a velocità smisurata e sembra non doversi fermare mai.
Il signor Acciuga ha trovato riparo in un’officina in disuso, dove alle pareti ci sono ancora appesi gli strumenti del lavoro: chiavi inglesi, cacciaviti, pinze, contenitori per i chiodi…; e ci sono anche alcune panchine che sembrano relitti trovati in fondo al mare.
Alle pareti che hanno colori sbiaditi si aprono tre finestrelle dalle quali è come se il vento si versasse per riempire tutto lo spazio; ma si tratta di un vento essenzializzato, assaggiabile dalle mandibole di Acciuga, il quale è su una panchina arrugginita che in passato forse sarà stata dipinta di un rosso accesso e che adesso sembra avere la scarlattina, chiazzata com’è di arcipelaghi cromatici di difficile definizione.
Il vento nell’officina prende prima la forma di una nuvola con i contorni segmentati, poi si distende e va a poggiarsi sulle pareti e in parte riesce dalle finestrelle in parte s’incaglia negli attrezzi o si accuccia tra le panchine.
Il signor Acciuga lo osserva con attenzione; con quell’attenzione che è possibile prestare alle cose mutevoli che sono parte di una metamorfosi che coinvolge chi guarda.
In questo caso non bastano solo gli occhi; è necessario usare le orecchie per farne magnete d’ascolto e di ricezione; ed è importante che anche il naso prominente di Acciuga si adoperi a non disperdere le molecole olfattive.
L’officina è qualcosa di simile ad un antro viscerale; un luogo dove insieme scampare ai disastri che la bora porta con sé e fare analisi di cosa sia il movimento dell’aria, da dove arrivi, dove vada, e perché proprio oggi gli elementi si sono messi in subbuglio e sembrano volere sdradicare ogni cosa incontrata lungo la sua nervosa traiettoria.
Il signor Acciuga si chiede se quella del vento sia una rivolta; una reazione alle ingiustizie che un po’ ovunque dilagano sulla superficie della terra e che mietono vittime si tratti di persone di alberi di animali di paesaggi di mare e di montagne.
Non c’è luogo in cui non avvenga una sopraffazione; non accada un sopruso; non venga rispettata la natura dei viventi.
Acciuga avrebbe gli strumenti per sapere che il vento si crea per ragioni ben diverse e che è del tutto indifferente alle sorti della terra; ma, pur sapendo qualcosa del genere, sente che a volte non bastano la spiegazione della scienza, perché ci sono momenti che vanno aldilà delle classificazioni e s’impongono come fenomeni da interpretare con altri mezzi con altri strumenti con altre sensibilità.
Mentre fuori piove aria e il rischio di crolli è altissimo, dentro l’officina in disuso trovata da Acciuga il vento arriva a piccole dosi, anche se in ogni dose è possibile che si dispieghi d’improvviso la catastrofe.
Tutti gli strumenti rimasti alle pareti tintinnano; sono come le sartie d’imbarcazioni riparate in porti di fortuna, in attesa che si possa tornare a navigare i mari aperti.
Tutte la superficie del corpo di Acciuga (non solo, come prima, i tre sensi della vista dell’olfatto e dell’udito) è all’erta: pelle, squame, pinne, peli e unghie fanno da sismografi; sono fogli inquieti su cui s’inscrive l’inquietudine dell’aria in movimento.
Il nervosismo del vento non accenna a diminuire; anzi forse cresce come una rabbia che si trasforma in rancore.
Ormai ogni àncora è levata, ma il signor Acciuga non si dà per vinto; aspetta come si aspetta nel ventre di una balena; aspetta e studia e osserva e fa proprie convinzioni che si tramutano in idee e in gesti.
Ecco che prende un martello e alcuni chiodi e attende che un lembo ventoso si avvicini alla parete e con fare istantaneo lo inchioda e mentre quello si dimena e fa vagiti stridenti riesce a tenere fermo un altro lembo e anche questo trafigge con i chiodi come fu trafitto Gesù sulla croce.
Non esce sangue dai lembi incarcerati alle pareti; l’aria fermata nel suo andare assassino diventa vela; mette in movimento l’intera officina, la trasforma in arca pronta a navigare tra i flutti rancorosi del fuori.
Il signor Acciuga è pronto per il viaggio.