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Se la bora innesca la rivolta del vento

 
Silvio Perrella

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Silvio Perrella

Sedersi a guardare tra passi e soprabiti

Una reazione alle ingiustizie che un po’ ovunque dilagano sulla superficie della Terra e che mietono vittime

Giovedì 14 Dicembre 2023, 10:52

Il vento arricciola l’aria, la fa inquieta, arrischiata, indigesta d’assaggiare; è una bora che corre a velocità smisurata e sembra non doversi fermare mai.
Il signor Acciuga ha trovato riparo in un’officina in disuso, dove alle pareti ci sono ancora appesi gli strumenti del lavoro: chiavi inglesi, cacciaviti, pinze, contenitori per i chiodi…; e ci sono anche alcune panchine che sembrano relitti trovati in fondo al mare.

Alle pareti che hanno colori sbiaditi si aprono tre finestrelle dalle quali è come se il vento si versasse per riempire tutto lo spazio; ma si tratta di un vento essenzializzato, assaggiabile dalle mandibole di Acciuga, il quale è su una panchina arrugginita che in passato forse sarà stata dipinta di un rosso accesso e che adesso sembra avere la scarlattina, chiazzata com’è di arcipelaghi cromatici di difficile definizione.
Il vento nell’officina prende prima la forma di una nuvola con i contorni segmentati, poi si distende e va a poggiarsi sulle pareti e in parte riesce dalle finestrelle in parte s’incaglia negli attrezzi o si accuccia tra le panchine.
Il signor Acciuga lo osserva con attenzione; con quell’attenzione che è possibile prestare alle cose mutevoli che sono parte di una metamorfosi che coinvolge chi guarda.

In questo caso non bastano solo gli occhi; è necessario usare le orecchie per farne magnete d’ascolto e di ricezione; ed è importante che anche il naso prominente di Acciuga si adoperi a non disperdere le molecole olfattive.
L’officina è qualcosa di simile ad un antro viscerale; un luogo dove insieme scampare ai disastri che la bora porta con sé e fare analisi di cosa sia il movimento dell’aria, da dove arrivi, dove vada, e perché proprio oggi gli elementi si sono messi in subbuglio e sembrano volere sdradicare ogni cosa incontrata lungo la sua nervosa traiettoria.

Il signor Acciuga si chiede se quella del vento sia una rivolta; una reazione alle ingiustizie che un po’ ovunque dilagano sulla superficie della terra e che mietono vittime si tratti di persone di alberi di animali di paesaggi di mare e di montagne.
Non c’è luogo in cui non avvenga una sopraffazione; non accada un sopruso; non venga rispettata la natura dei viventi.
Acciuga avrebbe gli strumenti per sapere che il vento si crea per ragioni ben diverse e che è del tutto indifferente alle sorti della terra; ma, pur sapendo qualcosa del genere, sente che a volte non bastano la spiegazione della scienza, perché ci sono momenti che vanno aldilà delle classificazioni e s’impongono come fenomeni da interpretare con altri mezzi con altri strumenti con altre sensibilità.

Mentre fuori piove aria e il rischio di crolli è altissimo, dentro l’officina in disuso trovata da Acciuga il vento arriva a piccole dosi, anche se in ogni dose è possibile che si dispieghi d’improvviso la catastrofe.
Tutti gli strumenti rimasti alle pareti tintinnano; sono come le sartie d’imbarcazioni riparate in porti di fortuna, in attesa che si possa tornare a navigare i mari aperti.

Tutte la superficie del corpo di Acciuga (non solo, come prima, i tre sensi della vista dell’olfatto e dell’udito) è all’erta: pelle, squame, pinne, peli e unghie fanno da sismografi; sono fogli inquieti su cui s’inscrive l’inquietudine dell’aria in movimento.
Il nervosismo del vento non accenna a diminuire; anzi forse cresce come una rabbia che si trasforma in rancore.
Ormai ogni àncora è levata, ma il signor Acciuga non si dà per vinto; aspetta come si aspetta nel ventre di una balena; aspetta e studia e osserva e fa proprie convinzioni che si tramutano in idee e in gesti.

Ecco che prende un martello e alcuni chiodi e attende che un lembo ventoso si avvicini alla parete e con fare istantaneo lo inchioda e mentre quello si dimena e fa vagiti stridenti riesce a tenere fermo un altro lembo e anche questo trafigge con i chiodi come fu trafitto Gesù sulla croce.
Non esce sangue dai lembi incarcerati alle pareti; l’aria fermata nel suo andare assassino diventa vela; mette in movimento l’intera officina, la trasforma in arca pronta a navigare tra i flutti rancorosi del fuori.
Il signor Acciuga è pronto per il viaggio.

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Silvio Perrella

La Panchina

Biografia:

La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.

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