Partirà a gennaio il processo che dovrà fare luce sulle responsabilità degli otto imputati – e tra questi anche due ufficiali tarantini della Marina militare – finiti nella bufera sul contrabbando internazionale di merci e tabacco nella missione della Marina militare «Mare Sicuro» a bordo di Nave Capri, impegnata in acque libiche fino al 2018. A giugno dello scorso anno erano scattate 5 misure cautelari durante il blitz delle fiamme gialle di Brindisi, come epilogo dell’inchiesta coordinata dai due pubblici ministeri Giuseppe De Nozza e Alfredo Manca. Nella giornata di ieri è stato infine il giudice Benedetta Nestore a rinviare a giudizio gli imputati.
L’inchiesta in realtà era nata come filone di un’altra indagine per fatti praticamente identici che alcuni anni fa portò all’arresto di diversi militari e tra questi Marco Corbisiero: il militare tarantino, difeso dall’avvocato Fabrizio Lamanna, per quelle accuse è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 8 mesi di carcere.
Circa 300 chilogrammi di sigarette sarebbero state nascoste nelle cale dell’unità navale e sbarcate nei porti italiani per essere vendute ad amici e colleghi. Per gli inquirenti al vertice del sistema c’erano l’ufficiale in seconda Nicola Petrelli e il capitano di corvetta Corbisiero, che avrebbero acquistato quintali di “bionde” di provenienza estera e trasferito ingenti quantitativi durante gli attracchi nelle basi militari libiche e nei porti di Brindisi, Augusta e La Spezia, facendone pagare i costi alla forza armata attraverso un sistema di false fatturazioni ad alcune società cartiere riconducibili all’ufficiale libico Mohamed Ben Abulad Hamzad. In particolare Petrelli in qualità di capo gestione patrimoniale avrebbe piazzato i suo uomini nei ruoli strategici per gestire tutte le varie fasi del business affidando la forniture di beni e servizi per la nave Capri anche con false indagini di mercato e informazioni artefatte per favorire alcune società facenti capo all’ufficiale Hamzad. A queste imprese venivano pagate bolle false o gonfiate per consentire l’acquisto di sigarette. Per l’accusa, a procacciare i clienti del traffico illecito c’era Carmelo Di Pernia sottocapo in servizio sulla nave militare, mentre Francesco Castano ufficiale capo delle operazioni di nave Capri, assistito dall’avvocato Egidio Albanese, si sarebbe incaricato di trasferire sul suolo italiano la merce di contrabbando. A fare da corriere, infine, secondo l’accusa, era stato Roberto Fusco che avrebbe spostato la “merce” tra il porto di Brindisi e quello di La Spezia: qui, avrebbe poi consegnato il prodotto caricato e nascosto su un’altra nave per recapitarlo infine a Petrelli.
Dalle carte dell’inchiesta era emerso poi il ruolo di alcuni familiari di Pontrelli che avevano nascosto la merce illegale.