Alla foce del fiume Ciane c’è sempre una panchina che tra i papiri aspetta il signor Acciuga.
E lui, prima che l’anno finisca, fa in modo di sgorgare dalle acque e di stare lì come un monaco che non ha nessuna religione ma che sa cosa sia il sacro, una sintesi suprema di tempo e spazio immersa nel silenzio.
Ma c’è da intendersi sul silenzio, perché se lo sia pensa come un qualcosa che non ha suoni ci si sbaglia.
Alla foce del Ciane il silenzio è un concerto di suoni che non hanno nessun desiderio di prevaricazione; le acque che si mescolano alle acque producono una nota cristallina; le fronde in rapporto con il vento salgono di un’ottava; e soprattutto gli uccelli in combutta con l’aria è come se saltassero sui bordi della partitura come a chiamare attenzione.
Il signor Acciuga sa che proprio di fronte prende forma la città di Ortigia; lo sa il suo cuore cilestrino; lo avvertono le sue squame che non si sono ancora asciugate e che fanno scorrere sulla panchina fiumiciattoli in miniatura che dal legno scendono sull’impiantito terroso; lo saprebbero anche i suoi occhi stranieri solo se li tenesse aperti.
Ma qui quei suoi occhi stranieri contribuiscono anch’essi all’ascolto e dismettono la loro funzione visiva e si rintanano nelle orecchie attentissimi a cogliere ogni dettaglio del silenzio, ogni molecola di suono che si propaga tra albero e albero, tra acqua e acqua, tra uccello e uccello.
Il signor Acciuga non sa mai quale degli innumerevoli uccelli che abitano la foce del Ciane (e che sono migratori in sosta o autoctoni capaci di accogliere le ali in viaggio dei propri simili per il tempo sufficiente al cambio di clima) dia il via al rito del tardo pomeriggio.
Non sa se ce sia uno in particolare a segnare la prima rotta, ma di certo d’improvviso nel silenzio ingordo di suoni si produce qualcosa di simile a un vortice, un ruotare d’ali, un far precisi gli occhi che chiamano altri occhi e anche gli occhi di Acciuga si preparano a tornare nelle orbite e ad aprirsi per accogliere dettagli e variazioni.
Dai rami si alza in volo una nuvola d’ali; prende la forma instabile di un fumetto sospeso nell’azzurro e anche le nuvole si spostano per farla passare.
Gli uccelli sono così tanti che si ha l’impressione che accorrano da ogni luogo possibile per dare il loro apporto, per fare in modo che la figura si formi per quell’attimo che gli occhi di Acciuga siano in grado di coglierla per poi trasformarsi in altro, dando l’idea di un precipizio collettivo che invece trova la soluzione prima dell’impatto e risale e di nuovo fa figura balenante, scura nel cielo dove il tramonto è avvenuto da poco e propaga luce che si distende come braccia che si aprano e poi si chiudano e di nuovo si aprano e ancora si chiudano.
Gli occhi stranieri del signor Acciuga seguono la costruzione del tessuto aereo; è un ricamo ad uncinetto, velocissimo, quasi istantaneo, che fa della mutevolezza la sua stabilità per attimi intensi e come scolpiti.
La somma delle ali frulla figure che sono ali a loro volta, scendendo planando tenendo il fiato nel petto screziato volteggiando bordeggiando nella dimenticanza collettiva; nessuno è più un individuo, un se stesso con confini precisati; tutti sono tutto; e il tutto non è mai completo, perché sempre nuovi uccelli si aggiungono allo stormo e sono subito pronti a dilapidare ogni millimetro di soggettività restante.
Il signor Acciuga sa che deve prepararsi; lo sente più che saperlo; lo sente dall’avvicinarsi di un vorticare frusciante che quasi lo stordisce; lo avverte dal tremare della panchina che si è improvvisamente asciugata del tutto e adesso è pronta.
Non tutto lo stormo scende verso di lui; una pattuglia di ali si stacca dal resto dei danzatori dell’aria e arriva sulla testa di Acciuga e aggancia con gli artigli la panchina, la solleva, la porta con sé, si ricongiunge alla figura madre e s’installa nel bel mezzo dispiegando una figura che si apre nel cielo e che lascia vedere come Acciuga sulla sua panchina si sia messo in posizione di sguardo.
Laggiù Ortigia è un sogno fatto di pietre bianche.

Giovedì 21 Dicembre 2023, 10:45
Biografia:
La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.
Silvio Perrella
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