Alla stazione di Bordeaux è in attesa il treno per Arcachon. Gli occhi dormono nel buio. Attendono sospirano si attorcigliano.
L’acqua di fiume cerca il mare; agogna gli oceani; batte sui bordi di Bordeaux come vino in ebollizione.
Nel retro degli occhi la città è fatta di tram che sciano sui prati; di lampioni che si accendono viola insieme ai tramonti; di porte antiche lasciate a segnavia tra i quartieri.
Sui finestrini del treno si proiettano desideri di spazi ampi, di tempi saltellanti, di stratosfere psichiche ubriache di sidro.
Le vetrine di Mollat sono finestrini sui libri: quante stanze, quanti saltelli da un tema all’altro, quanti pavimenti a sorreggere scaffali nel palazzo che fu abitato da Montesquieu, nella città di Montaigne.
Nella stazione edificata un po’ di lato il treno è in attesa come gli occhi persi nei loro meandri.
Ad Arcachon sentore di onde lunghe e larghe, di passarelle di legno, barlumi di Lido veneziano, spiaggia dopo spiaggia.
L’Oceano Atlantico è dietro l’angolo grigioceleste.
Gli alberghi vuoti, un deserto di stanze.
Che stagione è questa che non sa che stagione sia?
Un imbarcadero aspetta paziente come il treno.
Porta a Cap Ferret.
Quanto tempo ci vuole a raggiungerlo?
Sali sugli ondeggiamenti a motore e vallo a scoprire.
Si va.
Occhi a danza d’intorno.
Acqua e aria sulla superficie del visibile.
Si va e di lato appare sabbiosamente chiara la Duna del Pilat.
Il vento raduna su di lei i suoi alfabeti; li lascia a macerarsi nei dubbi; li disperde; li nasconde dietro collinette che franano al suono di clessidre storte.
Dal grigio al marrone la duna è soprattutto collezione di gialli; s’infiamma al tramonto; è versatile prensilità al mattino.
Da lei tutto scivola, anche i ricordi i desideri i misfatti del cuore.
È lontana, quasi inafferrabile; ed è lì a portata di sguardi mentre il battello si avvicina a Cap Ferret.
Alto, un po’ bianco un po’ rosso, il Faro ha onnivora voglia di raggi obliqui da lanciare negli occhi.
Bisogna alzarsi sulla punta dei piedi per scavalcare con gli occhi la terra e finalmente essere dinanzi a sua maestà l’Oceano.
I mari di laguna, gli anfratti a onde lente, le dune inquiete, gli imbarcaderi quieti sono congedati.
Si va senza andare, perché il battelliere fa sosta a Cap Ferret; di lì non ha nessuna voglia di muoversi se non per tornare indietro.
E allora perché scendere, perché abbandonare le chiare doghe dei sedili?
Meglio aspettare qui; richiudere gli occhi e mettersi a sognare nel profluvio di pali che fanno punteggiatura nell’acqua come le bricole di Venezia.
Mentre gli altri viandanti delle onde scendono sulla banchina e il piccolo equipaggio si passa una sigaretta, viene avanti l’odore del vuoto.
Si diffonde nell’aria come una promessa d’immaginazione.
La nave dalle vele gialle di Hofmannsthal, gialle come la Duna laggiù, naviga nella mente.
«Le nebbie grigio argento avvolgevano nel crepuscolo la valle,/come quando la falce di luna spunta dalle nuvole./Ma non era notte. In quell’alito argenteo e grigio,/che si posava denso di profumi sulla scura valle/fluivano fluttuanti i miei pensieri,/pensieri di crepuscolo indistinto».
Tutto sembra morto, immoto, malinconia pura.
«Eppure - cosa strana! - /dentro di me, muto, piangeva un rimpianto senza nome,/un nostalgico rimpianto per la vita,/il pianto di chi, al calare della sera,/passa su una grande nave dalle immense vele gialle,/ sulle acque azzurrocupe, davanti alla città,/alla sua città natale. Vede le strade,/sente il mormorio delle fontane, il profumo dei glicini,/e vede se stesso, ancor bambino, là sulla riva,/con gli occhi infantili, pieni d’angoscia e vicini al pianto,/e vede, oltre la finestra aperta,/la sua stanza con la luce accesa, e vede -/ma la grande nave lo trascina via,/ scivolando silenziosa sulle acque azzurrocupe,/ con le sue immense, straniere, vele gialle».
Quellanave, immensa, atmosferica, tango sulle onde, non trasporta passeggeri, solo ricordi.
A Bordeaux nella sua stanza Montaigne prende appunti per un libro intitolato Saggi.
Nella mia stanza d’albergo, dalla quale si vedono le vetrine illuminate di Mollat, la luce si spegne.

L'acqua di fiume cerca il mare e sui finestrini del treno si proiettano desideri di spazi ampi, di tempi saltellanti
Giovedì 19 Gennaio 2023, 10:47
Biografia:
La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.
Silvio Perrella
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