Quando il male non possiede profondità o forza demoniaca va a incanalarsi in una dimensione banale, persino comune, che è la più pericolosa. Lo diceva Hannah Arendt nel suo lungo viaggio nei meandri della banalità del male, lì dove la scrittrice ci fa vedere l’aspetto più indicibile e inimmaginabile: il male ha la sua mediocrità. Superficiali e mediocri – incapaci di vedere oltre le conseguenze dei propri atti – sono stati quei tifosi presenti allo stadio di Taranto. Un fumogeno è caduto su materiale plastico provocando un incendio e conseguenti, ingenti danni.
Spetterà agli inquirenti fare luce sulle cause; nel frattempo un programma televisivo americano, Man in Blazers, che si occupa di calcio globale, ha messo on line la cronaca e i video dello stadio in fiamme, titolando con “Vergogna mondiale”. Apprezzabile la lezione di civiltà del club rossonero che non si è girato dall’altra parte, ma si è detto pronto a collaborare. Apprezzabile la scelta dei due allenatori di sospendere la conferenza stampa. Se non fosse accaduto nulla, avremmo ascoltato le loro parole tra tecnicismo e cuore, tattica e fantasia.
Spiace solo constatare come anche il calcio, che a Foggia è molto sentito e solo pochi mesi fa ha fatto palpitare tutti, a un soffio dalla B, sia diventato terreno di fiamme piuttosto che di gioco. Crediamo ancora in una stretta di mano tra tifoserie: dopotutto non era proprio la partita del secolo, ma un inizio di campionato. Che, poi, tutto questo sia accaduto a ridosso di due eventi sconcertanti – sia pure con uno sbigottimento di diversa natura – non fa che aggiungere benzina sul fuoco, è il caso di dire. Una distinta signora, una lavoratrice, Franca Marasco, è caduta sotto i colpi di un coltello per pochi euro; Selvaggia Lucarelli, quasi nelle stesse ore, ha stigmatizzato la nostra brutta città. Le si dovrebbe dire che "quella brutta città" in cui noi abbiamo la (s)ventura di abitare risorse dalle proprie ceneri dopo un bombardamento che la rase praticamente al suolo. Seguirono, questo è certo, ricostruzioni urbanistiche informi e al limite del discutibile, ma non è questo il tema. E neanche è il caso di ricordare che Federico II definì Foggia “regalis sedes imperialis” e che Ungaretti si emozionò alla vista del nostro Tavoliere “che si apre come il mare”. Però è bene averne memoria non per sterile nostalgia di un fasto che fu, ma per non cadere nelle maglie della depressione. Antidoti e anticorpi al fuoco che brucia non meno di parole che feriscono li abbiamo. Basta saperli cercare.