OTRANTO - La terza giornata del Festival Giornalisti del Mediterraneo di Otranto ha portato sul palco voci diverse ma unite da una medesima urgenza: raccontare le guerre, dare voce alle vittime, interrogarsi sul futuro della pace. Accanto all’arcivescovo Francesco Neri, a Nello Scavo dell’Avvenire, a Roberto Cetera dell’Osservatore Romano e a padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, ha parlato anche il sindaco di Bari Vito Leccese, che ha scelto di affrontare senza reticenze il tema di Gaza e della decisione che ha escluso Israele dalla prossima Fiera del Levante.
Lo abbiamo incontrato al termine del dibattito per raccogliere le sue riflessioni.
Sindaco Leccese, a Otranto lei ha definito Bari una “terra geneticamente d’incontro tra popoli e religioni”. In che modo questa vocazione si traduce nelle scelte amministrative?
«Ho cercato di declinare questa identità in gesti concreti. Quest’anno abbiamo organizzato i Martedì della pace: ogni settimana, nel Comune, ospiti diversi hanno riflettuto con i cittadini sul significato del pacifismo. È stata un’esperienza partecipata, che ha mostrato quanto Bari senta propria questa missione. Non dimentichiamo che già nel 1987 la città fu sede del tavolo nazionale delle Città operatrici di pace. E soprattutto che custodiamo le reliquie di San Nicola, Santo venerato dai cattolici, dagli ortodossi, dal mondo protestante e, in una forma diversa, anche dalla tradizione popolare dei Paesi anglosassoni come Santa Claus. Bari è capitale dell’ecumenismo non per caso, ma perché la sua storia la chiama a essere ponte».
Al festival lei ha ascoltato testimonianze dirette dalla Terra Santa e dai colleghi giornalisti di guerra. Che impressione ne ha ricavato?
«È stato un impatto emotivo fortissimo. Le immagini che vediamo in tv o sui social non bastano a trasmettere la verità delle macerie e delle vite spezzate. Le voci dei testimoni ci hanno fatto capire che in Medio Oriente la prospettiva è cupa, soprattutto a Gaza, dove non c’è accesso e quindi non si può neanche raccontare. Mi ha colpito molto una frase: in Ucraina c’è odio contro un leader, in Medio Oriente invece l’odio scava nelle persone, nella cultura. È un conflitto in cui si rischia di perdere anche la speranza»...