La consapevolezza che mancherei di equilibrio scrivendo di Manduria, città che conosco meglio di ogni altra, consegue nel mio poco argomentare pubblico su di essa. Ma non sempre è possibile. L’estate 2025 si è aperta col ritrovamento - erano i primi giorni caldissimi di luglio - del cadavere di una donna in avanzato stato di decomposizione. Ad assistere allo sfacelo biologico della madre, solo la figlia disabile psichica, incapace di chiedere soccorso. Sempre a Manduria, a Ferragosto - giornata di ferie per eccellenza - un lavoratore viene investito da una moto e muore. La moto era guidata da un altro lavoratore che andava a prendere servizio. Ho spulciato nelle cronache delle altre città della provincia di Taranto, cercando episodi che potessero paragonarsi ai lutti messapici. Macché, niente. Niente a Taranto, niente a Martina Franca, niente a Massafra, niente a Grottaglie, niente nemmeno nelle contrade più misteriose della provincia jonica: Specchia Tarantina, Gaudella, San Paolo, ecc. Niente, solo a Manduria. Fatalità, disgrazia, corto circuito astrale: non lo so. Ma, questa estate, la Morte ha bussato in due occasioni alle porte di Manduria. Ad accoglierla, la prima volta, è stata una ragazza a cui la mente ha consegnato un mondo diverso da quello percepito da tutti; la seconda, invece, da una famiglia che ha visto un uomo uscire di casa a Ferragosto per andare a lavorare e non tornare più. La città cara a Plinio il Vecchio ora piange e si interroga. Fase che durerà poco, come le lacrime di tutte le tragedie. Parafrasando Foscolo, uno che di affranti ne capiva, mi sento di scrivere che pur confortato dal pianto, il sonno della morte non è meno duro. Perché poi tocca a chi rimane. Gli tocca l’inesorabilità dell’assenza, gli tocca l’impotenza insita nel rimpianto, gli tocca l’impossibilità di rispondere a una domanda semplice: perché?
Un tempo (e credo ancora oggi), nella chiesa di Santa Lucia, aveva sede l’Arciconfraternita della Morte e Orazione. Sulla porta d’ingresso era scritto «Nemini parco», ovvero: «Non risparmio nessuno». I Messapi, in ricordo, lasciarono ai manduriani una necropoli immensa, cartolina anch’essa della città. Manduria è sensibile alla morte, da sempre. E la tragedia di Ferragosto, nella quale il lavoro precipita al punto da causare una vittima innocente, lo ribadisce. E io, umile commentatore amareggiatissimo, non posso che offrire le mie condoglianza più sincere e partecipate alla famiglia di Pasquale Dinoi, morto a Manduria mentre lavorava.