Domenica 07 Settembre 2025 | 20:47

Quel treno «soppresso» per la città cerca la svolta

 
giuse alemanno

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giuse alemanno

frecciarossa

C’è desiderio di sorrisi, turisti e visitatori

Domenica 07 Settembre 2025, 10:49

Taranto è una città in cui non si capita, bisogna volerci venire. L’autostrada si ferma fuori Massafra, gli aerei atterrano a Brindisi e anche con i treni la situazione non risulta migliore. Tra qualche settimana anche uno dei due Freccia Rossa Taranto – Milano dovrebbe essere soppresso. Come dicevano i direttori dei circhi di una volta, giungere a Taranto sarà «Sempre più difficile!». Mentre ci si approccia ai Giochi del Mediterraneo del 2026; con i viaggi della speranza che ribalteranno il percorso, grazie all’imminente apertura del nuovo ospedale San Cataldo; in contemporanea alla moltiplicata frequentazione giovanile di Taranto, per effetto della migliorata offerta culturale e universitaria e di intrattenimento.

Insomma: Taranto è impegnata in un salto triplo relativo alla qualità della sua vita e il modo di arrivarci diventerà sempre più impoverito. E poi quel verbo… quel sopprimere, più lugubre di un serto di crisantemi non ancora sbocciati, ornati da fascia viola con su scritto «PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI», recapitato a un malato terminale in uno di quei 2 novembre che fa freddo, piove e tira vento. Taranto vuole smettere di essere interpretata come città di morte e di morti. Il suo desiderio di accogliere sorrisi, turisti, visitatori e curiosi deve essere coadiuvato in ogni modo.

Sopprimere un treno ad alta percorrenza come il Freccia Rossa ‘Taranto – Milano’ va in direzione opposta a tale progetto sulla città. E poi, e lo scrivo a bassa voce, a me piacerebbe che questi tragitti cambiassero nome. Vorrei che si chiamassero ‘Milano – Taranto’, ‘Torino – Taranto’, ‘Firenze – Taranto’, e che servissero a far tornare tutti quelli che se ne sono andati. Una volta con le valigie di cartone, oggi con i trolley comprati dai cinesi. Ma la povertà contenuta era la stessa. L’impossibilità di realizzarsi nella propria terra ha imposto, a migliaia di individui, emigrazioni. Nessuno si è salvato: né i più dotati e talentuosi, né chi aveva come unico capitale le proprie braccia e il bisogno di lavorare. Qui sono rimasti i coraggiosi, i garantiti e gli sconfitti. I risultati sono tutti visibili nella nostra quotidianità afflitta.

Sostiene Gabriel Garcia Marquez che il treno è l’unica maniera umana di viaggiare. Difendere questa nostra prerogativa è armonico al tentativo di vivere civile che, sovente, ci è sfuggito legandoci a decisioni altrui, trainati quasi fossimo un vagone. Cerchiamo, invece, un presente e un futuro da locomotiva: da Taranto a Milano, sempre dritto.

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