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Il «galluccio» alla foggiana, piatto tradizionale del Ferragosto

 
Rossella Palmieri

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Rossella Palmieri

Il «galluccio» alla foggiana, piatto tradizionale del Ferragosto

Una pietanza tipica che imperversa sulle tavole con ripieno di pane bagnato e strizzato, uva passa, pinoli, pepe e sale

Domenica 13 Agosto 2023, 13:22

Per tutti, il 15 agosto, è data riconosciuta: si festeggia l’Assunzione della Vergine Maria in cielo. Per noi foggiani c’è un altro filo doppio religioso, in quanto la festività si collega direttamente con la Santa Patrona, la Madonna dei Sette Veli. Tradizione vuole che in questo giorno le venga tributato un ringraziamento per il raccolto avuto. E così si stabilisce un cerchio tra le date, il 22 marzo, al debutto della primavera, e oggi, a messe più che compiuta, quando non restano che le stoppie; le due ricorrenze emblematizzano la semina e il raccolto e, di fatto, due stagioni che s’incrociano nel nome di Maria.

Di qui si snodano tutte le tradizioni che hanno a che fare con il grano, il cereale nobile che, così esteso sulle nostre terre, ci è valso l’appellativo di «granaio d’Italia». Grano e suoi derivati, pane, pizza, taralli – questi ultimi resi particolarmente celebri e alla ribalta delle cronache perché amati dall’attrice americana Olivia Wilde – rappresentano una riserva e una risorsa per i foggiani, anche in termini di tradizioni. Di grano si nutre il gallo, che nel vezzeggiativo è per tutti «il galluccio», ovvero la festa-sagra che spacca in due l’estate. Anticamente era parte principale del «canestro», un cesto di prelibatezze che i commercianti, dietro un piccolo compenso spalmato sull’anno, erano soliti dare in dono ai cittadini per festeggiare il 15 agosto.

Questa tradizione si è ora persa, ma non è tramontata la consuetudine di servire il galluccio in tavola con tutte le varianti del caso, che imperversa – con la fierezza tipica di questo animale – sulle superbe tavole (cotto a fuoco lentissimo) e con ripieno di pane bagnato e strizzato, uva passa, pinoli, pepe e sale. I più arditi osano con aggiunta di pecorino e caciocavallo. Piatto come momento solenne, insomma, soprattutto se lo si rapporta alle origini, a quel dopoguerra quando la carne era ancora privilegio di pochi.

Si consuma così questa festività, fra tradizioni religiose che s’intrecciano, cibo abbondante, una convivialità più vivace – in passato la ricorrenza era legata anche al ritorno dei concittadini emigrati, alla banda musicale e ai fuochi d’artificio – e qualche riflessione in più. A grano raccolto e a stoppie arse ci si prepara per un nuovo inizio, per una nuova stagione, per una nuova fase della vita. È il tempo dei buoni propositi. E questi ultimi, considerata la temperie politica, speriamo siano sacri come tutto ciò che abbiamo raccontato per colorare questa festa.

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