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A Love Supreme: quando Coltrane sorprese il mondo del jazz

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

A Love Supreme: quando Coltrane sorprese il mondo del jazz

Domenica 25 Maggio 2025, 18:57

«Nel 1957 sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi a una vita più ricca, più piena. All’epoca, per gratitudine, chiesi umilmente di avere il privilegio di rendere felici gli altri con la musica. Mi sembra che mi sia stato accordato, rendo grazie a Dio». Sono trascorsi esattamente sessant’anni da quando John Coltrane sorprese il mondo del jazz – e non solo quello – con una delle più intense opere religiose mai apparse al di fuori della cultura musicale europea. Stiamo parlando di A Love Supreme, uno dei dischi più famosi di tutta la storia del jazz e quelle citate tra virgolette sono alcune delle righe iniziali con le quali lo stesso sassofonista afroamericano si rivolse agli acquirenti del disco, scrivendo di proprio pugno le note di copertina. Un vero e proprio atto di fede più che una semplice registrazione discografica, ma anche e soprattutto il frutto di una riflessione profonda operata dallo stesso Coltrane sul senso e sul significato del sacro e sull’importanza che la spiritualità occupa nell’esistenza umana.

«Io credo in tutte le religioni» era solito sottolineare Coltrane e in questa sua affermazione racchiudeva il succo di una ricerca che lo aveva accompagnato per tutta la vita: suo nonno materno era un ministro di culto, ma l’educazione religiosa ricevuta in famiglia non gli aveva impedito di orientare i propri interessi anche verso altri culti e filosofie orientali, per approdare all’idea di una religiosità di taglio aconfessionale, in alcuni momenti addirittura prossima al panteismo, che puntava a una ricerca musicale capace di individuare e condensare in un unico linguaggio una fede e una verità accettabili per tutti gli uomini. In altre parole, la consapevolezza che l’ammissione dell’esistenza del sacro, la sua ineluttabile necessità per la vita umana, fosse più importante dei nomi con i quali chiamare il Divino e dei riti con i quali celebrarlo.

A Love Supreme, inciso nel dicembre del 1964 e pubblicato all’inizio dell’anno successivo, è quindi frutto di questo trasporto religioso e si dice che venne concepito in una circostanza singolare: chiusosi in una stanza di casa, Coltrane ne sarebbe uscito solo alcuni giorni dopo, dichiarando di aver “ricevuto” tutta la musica necessaria. Venendo al disco, questo vide la luce per l’etichetta Impulse, che dal 1961 documentò tutta la produzione di Coltrane fino al 1967, anno della sua prematura scomparsa a soli 41 anni. Il sassofonista ne curò personalmente la grafica, rigorosamente in bianco e nero, scrisse le note di copertina e firmò anche una esaltata preghiera di ringraziamento a Dio, appunto intitolata A Love Supreme, che in un certo senso costituisce l’ossatura dell’opera. In studio con lui c’era il suo fidato quartetto, completato da McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria: sono loro che si ascoltano in tutta la registrazione, mentre delle matrici nelle quali si erano aggiunti il sax di Archie Shepp e un secondo contrabbasso, quello di Art Davis, non vennero mai utilizzate. Quattro sono invece i movimenti che compongono la suite, i cui titoli scandiscono la narrazione musicale del percorso spirituale: Acknowledgement (presa di coscienza); Resolution (riconoscimento); Pursuance (conseguimento); Psalm (preghiera).

All’epoca in cui A Love Supreme venne pubblicato (ne sono stati scoperti anche due “live” registrati successivamente) Coltrane era un artista di successo il che, per un jazzman, significava arrivare a vendere qualche decina di migliaia di copie per disco. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che, forse anche sull’onda emotiva della scomparsa dell’artista, dopo solo cinque anni, nel 1970, questo album sarebbe arrivato a vendere ben mezzo milione di copie, mentre si calcola che ad oggi abbia superato i quattro milioni: un record per il mondo del jazz. E come se non bastasse, i temi della suite, a cominciare dal mantra di quattro note che apre Acknowledgement, hanno influenzato musicisti di tutte le estrazioni, da chitarristi come Carlos Santana e John McLaughlin fino a Quincy Jones e ai Led Zeppelin, mentre compositori minimalisti del calibro di Philip Glass o Steve Reich hanno ammesso di esserne stati influenzati musicalmente e spiritualmente. Un risultato extramusicale che probabilmente è andato ben oltre le aspettative dello stesso Coltrane. Al quale, ci piace ricordarlo, nel 1971 è stata intitolata una chiesa ortodossa di San Francisco, la St. John William Coltrane, dove il sassofonista è venerato come un santo.

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