Domenica 19 Ottobre 2025 | 22:49

Rime e riti sulla strada maestra di vita

Rime e riti sulla strada maestra di vita

 
Milena Pistillo

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Milena Pistillo

Rime e riti sulla strada maestra di vita

Domenica 19 Ottobre 2025, 18:45

Recuperare un antico mondo perduto sembra essere il filo rosso che guida la narrazione di Piero Dorfles nel suo bellissimo libro Amblimblè. Rime e riti dei giochi di strada dell’editore Manni. E difatti il primo capitolo si intitola Un mondo perduto e introduce il motivo delle conte, delle filastrocche spesso surreali che davano avvio al gioco per stabilire chi doveva stare “sotto” cioè subire il gioco con un ruolo subalterno rispetto al resto della squadra.

L’autore passa in rassegna giochi come lo schiaffo del soldato, nascondino, la cavallina, le biglie - quelle di vetro con una spiralina colorata all’interno, le belle statuine assai simile a Un due tre… stella! La fisicità nei giochi di strada era fondamentale e assecondava la naturale tendenza del bambino a correre a perdifiato, a scalmanarsi mentre gli adulti gli intimavano sempre di fermarsi e fare il bravo. Gli adulti infatti restano tagliati fuori da questo microcosmo: non avevano diritto di parola, il bambino imparava da sé a difendersi e a relazionarsi con l’altro, purché avesse rispettato le regole del gioco che era una forma di iniziazione alla vita adulta. Il gioco di strada - sottolinea Dorfles – aveva una funzione propedeutica alla vita adulta senza la mediazione degli adulti. Mosca cieca, i quattro cantoni rappresentavano delle sfide per chi stava “sotto” ed entrambi puntavano alla cattura di un membro della squadra, potenziando prontezza di riflessi ed abilità nella corsa. Il mondo degli adulti è spesso parodiato come per cercare di coglierne il senso da lontano: i giochi di strada “iniziano” il bambino alla realtà trasformando questo processo di conoscenza in un rito collettivo.

«Il gioco è conoscenza» dichiara Dorfles. I giochi con la palla sono di certo i più diffusi: palla prigioniera o palla avvelenata. I giochi di strada prevedono pochissimi oggetti materiali come la biglia, la palla o anche un semplice gessetto; col gessetto si giocava a campana o portone. Tutti i giochi di strada riproducono miti primordiali, riti atavici che si perdono nella notte dei tempi; il portone o la campana rimandano a un gioco iniziatico, di passaggio per entrare o uscire da qualcosa, cioè per uscire dalla minore età ed entrare nell’età adulta. I pegni rientrano nella zona della ritualità collettiva che sancisce le punizioni da comminare, alcune più crudeli altre più lievi. Il bambino impara ad accettare la comunità con le sue regole e le sue sanzioni che scandiscono la vita collettiva. Dorfles spiega inoltre il significato dei giochi “politici”, rubabandiera e bandierina dove il vessillo conteso rappresenta la conquista del territorio nemico.

Un aspetto molto interessante è l’arimortis come si dice in Lombardia: la sospensione del gioco in caso di contestazioni e mancato rispetto delle regole. Con una parolina magica il gioco viene sospeso e si inizia la discussione a volte anche molto accesa. I bambini si avvicinano come ad una assemblea comunitaria in cui si prendono decisioni importanti; ognuno dice la sua e impara a rispettare i turni. Nella strada si insegna (o meglio si insegnava) anche la democrazia, senza distinzioni di censo tra bambini, tutti membri paritari dello stesso gruppo. La strada maestra di vita.

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