Sabato 06 Settembre 2025 | 15:53

Testa e cuore, la musica è dentro di noi: parola di Ball

 
Livio Costarella

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Livio Costarella

Testa e cuore, la musica è dentro di noi: parola di Ball

«Quando ascoltiamo musica, anche per caso, il nostro cervello compie automaticamente e inconsciamente un intenso lavoro, svolgendo delicate attività di filtraggio, classificazione e previsione»

Lunedì 10 Marzo 2025, 10:04

«Quando ascoltiamo musica, anche per caso, il nostro cervello compie automaticamente e inconsciamente un intenso lavoro, svolgendo delicate attività di filtraggio, classificazione e previsione. No, la musica non è solo una specie di matematica. È la più notevole combinazione di arte e scienza, logica ed emozione, fisica e psicologia che conosciamo». Sono passati 14 anni dalla prima edizione di un libro illuminante come L’istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro (Ed. Dedalo) di Philip Ball, ma le tesi espresse dal noto scienziato e divulgatore britannico continuano ad accattivare il lettore. E se è vero, come sosteneva il saggista inglese Walter Pater, che «tutte le arti aspirano costantemente alla condizione della musica» (in relazione al potere che ha l’arte dei suoni di esprimere una molteplicità di significati), è inoppugnabile la definizione che ne dà Ball, quando scrive che arte e scienza, logica ed emozione, fisica e psicologia, sono i migliori ingredienti che la compongono.

Giunge propizia, dunque, la presentazione che lo stesso scienziato terrà il 13 marzo, all’Istituto Italiano di Cultura di Londra, con Anjana Ahuja (giornalista scientifica del Financial Times), per l’edizione inglese de Il Libro Possibile. Le oltre 500 pagine de L’istinto musicale di Ball non sono affatto invecchiate: anzi, si pongono come un’affascinante esplorazione dell’universalità e della specificità della musica, un viaggio che combina scienza, antropologia e filosofia per indagare il perché e il come di questa forma espressiva che accompagna l’umanità fin dai suoi albori.

Con la sua consueta chiarezza divulgativa, Ball smonta i miti che vedono la musica come un mero prodotto culturale, e si interroga sul suo ruolo evolutivo e sul perché essa sia così universalmente presente nelle società umane. Con un occhio attento alle neuroscienze e alla psicologia, egli mostra come il nostro cervello sia predisposto a riconoscere schemi musicali e a trarne piacere, indipendentemente dall’educazione o dalla cultura di appartenenza. Jean-Jacques Nattiez, etnomusicologo e semiologo francese, sostiene che la musica non esiste di per sé, ma nasce dall’interpretazione umana: «La musica è ciò che qualcuno decide di chiamare musica», ripete ieraticamente nei suoi saggi di semiologia musicale. Questa prospettiva dialoga in modo stimolante con le tesi di Ball, che pur riconoscendo il ruolo dell’interpretazione culturale, cerca di andare oltre, esplorando gli aspetti cognitivi ed evolutivi della musica. Se Nattiez enfatizza la dimensione semiotica e contestuale dell’esperienza musicale, Ball ci invita a riflettere su quanto la nostra risposta alla musica sia determinata da predisposizioni innate.

Il libro si addentra anche nelle strutture delle combinazioni sonore, dimostrando come certe caratteristiche - la scala pentatonica, ad esempio - emergano spontaneamente in culture distanti tra loro, suggerendo l’esistenza di schemi cognitivi universali. Altro aspetto affascinante è il confronto con il linguaggio, quando Ball discute se la musica sia una sorta di linguaggio universale o se, al contrario, sia un sistema espressivo autonomo con regole proprie.

Non mancano molte curiosità e citazioni, da Johann Sebastian Bach, passando per Jimi Hendrix e arrivando ai giorni nostri. Come l’effetto mnemonico che a volte l’ascolto musicale suscita in noi: dal Mozart quattordicenne che trascrive a memoria l’intero spartito del corale Miserere di Gregorio Allegri (dopo averlo ascoltato appena una volta), all’episodio che ha visto protagonista, negli anni ’70, l’attrice Joyce Grenfell nel programma della BBC Face the Music, in cui i partecipanti venivano chiamati a individuare un brano musicale in base all’ascolto di un breve frammento. Ebbene, lei riconobbe il preludio di Debussy La Fille aux cheveux de lin ascoltando un’unica nota suonata al pianoforte: la prima, un Re bemolle. Un’assurdità? Forse. Ma le nostre reti neuronali sono più sorprendenti di quanto pensiamo, ci ricorda spesso e volentieri Ball.

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