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L’italia «stanca» che non ce la fa più e che non vota più

 
rossana gismondi

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rossana gismondi

L’italia «stanca» che non ce la fa più e che non vota più

Foto Ansa

È proprio sicuro che la rivolta sociale, la mobilitazione di massa, non siano già realtà che, semplicemente non si vogliono vedere?

Sabato 30 Novembre 2024, 13:01

I giovani delle manifestazioni di Bologna, Milano: quanto sono implacabilmente diversi da quelli degli anni 70? Valori, ideali, programmi, obbiettivi, sogni: tutto cambiato, come è inevitabile che sia. Eppure c’è stata una corsa: giornaloni, immarcescibili tromboni televisivi, opinionisti del piffero, cattivi maestri, impegnati a paragonare questi giovani di oggi a quelli di ieri. Come se il mondo attuale non fosse completamente diverso da quello di coloro che oggi hanno i capelli bianchi e che, guardandoli in piazza, provano un rigurgito di memorie antiche, appassite. Si spera morte per sempre. Certo, i tempi sono difficili e tuttavia mai più difficili di quelli di quegli anni terribili. Ma, come diceva Aldo Moro, questo è il tempo che ci è dato vivere. Non altro.

E dunque: gli studenti protestano contro le politiche scolastiche e universitarie dell’attuale governo. Mi pare non sia una novità, a prescindere dagli schieramenti, anche in passato si contestavano le stesse cose. Stavolta l’hanno fatto sbagliando, purtroppo: i fantocci bruciati, i fumogeni contro la polizia, le mani imbrattate di rosso. Evocate le zecche rosse e le camicie nere. Ma si dovrebbe sommessamente ricordare a chi, cavalcando le proteste (oggi come allora) cerca di strumentalizzare i giovani, che la loro protesta non è cavalcabile. Da nessuna delle parti. Non è in vendita. Non è negoziabile. Non si rifacciano gli errori del passato.

C’è chi soffia sulle evocazioni di zecche rosse e camicie nere, di rivolta sociale, sul non voltarsi dall’altra parte: ebbene, si sta soffiando sul fuoco, ma dalla parte sbagliata. E’ proprio sicuro che la rivolta sociale, la mobilitazione di massa, non siano già realtà che, semplicemente non si vogliono vedere?

E per motivi che poco hanno a che spartire con le motivazioni studentesche. Quanto, piuttosto, con il vivere di tutti i giorni che sta diventando impossibile. Per esempio: il pane che in tre anni è aumentato del 35%. La pasta del 60%. L’olio del 121%.

Come possono voltarsi dall’altra parte gli italiani che, se vogliono rivedere figli e nipoti a Natale, devono mettere mano al portafoglio per pagare il biglietto del treno: 345 euro. Vergognosamente triplicato da Milano verso Sud, in pochi giorni. E non c’è mai un organismo qualsiasi in questo Paese a frenare le speculazioni.

C’è un’Italia che ha le scatole piene soprattutto di quelli che soffiano sul fuoco, scaldandosi le mani e le poltrone: in Salento, per fare un altro esempio, mancano posti per anziani nelle Rsa, molte famiglie sono in difficoltà per lungaggini burocratiche che si trascinano dal 2019 , ma – ancora, dopo 5 anni- non si riesce ad ottenerne altri.

C’è un’Italia che non ce la fa più: 118mila piccole e medie imprese italiane – cioè le più diffuse, quelle a conduzione famigliare- a rischio usura. Perché, qui, se ritardi o salti un pagamento, sei segnalato e addio banche: restano gli usurai.

Il Paese dei sempre più vecchi che, quando si ricoverano in ospedale – ammesso che riescano a curarsi- sono costretti a portarsi biancheria e carta igienica da casa.

Quelli che soffiano sul fuoco, ma dalla parte sbagliata, dovrebbero ricordare, almeno per decenza, i numeri dell’astensionismo elettorale che aumenta, cresce, in un drammatico inarrestabile segno di disaffezione rispetto ai partiti, alla politica, alle istituzioni e al sistema Paese. I numeri non mentono, mai: Elezioni Politiche del 2018, 72,9% votanti sugli aventi diritto. Elezioni Europee 2019: 54,5%. Elezioni Politiche 2022: 63,9%. Elezioni Europee 2024: 49,7%. Il Paese reale esprime la propria rivolta sociale nell’unico modo che ritiene possibile: non andando più a votare. Senza fare troppi distinguo tra partiti e schieramenti. La rivolta? E’già in atto, quando siamo chiamati alle urne e non ci andiamo: sempre più imponente. La rivolta? In un’Italia che di tutto e di tanto ha bisogno -tranne che di cattivi maestri e patetici soffiatori di aria fritta- basterebbe solo volerla guardare.

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