Rapina lampo al Louvre. Sembra il titolo di un caper movie, film sui grandi colpi, tipo Sette uomini d’oro, per intendersi. Invece l’hanno compiuta davvero ed in soli sette minuti i quattro incappucciati che si sono introdotti nel museo per eccellenza e hanno rubato, fra l’altro, nove pezzi esposti nelle vetrine «Napoléon» e «Souverains Français”». Si sta ancora inventariando l’ammontare del furto. E qui la cronaca sfocia nel costume e nei precedenti di una storia che, per essere criminale, non manca mai di monopolizzare l’interesse delle moltitudini cui diademi e tesori appaiono desiderabili quanto irraggiungibili.
Restando al Louvre, fa epoca il furto della Gioconda effettuato il 21 agosto 1911 da Giacomo Peruggia, travestito da operaio. Una prodezza che segnò la Belle Époque e provocò un terremoto anche politico per le accuse di inadeguatezza al governo francese. I giornali vi andarono a nozze. Il capolavoro di Leonardo fu recuperato a Firenze due anni dopo, grazie al collezionista Alfredo Geri, che attirò in trappola il ladro con il pretesto di una mostra, facendolo arrestare dai carabinieri. Peruggia fu condannato a soli sette mesi e otto giorni, che non scontò nemmeno. Nel 1924 ebbe una figlia, Celestina, chiamata dai compaesani del varesotto «Giocondina». Ha dichiarato la nipote di Peruggia, Graziella: «La gente non mancò mai di appoggiare mio nonno. Gli chiedeva l’autografo sulle foto della Gioconda. Perfino Gabriele D’Annunzio gli scrisse “bravo!”, congratulandosi per la sua impresa».
Tornando a tempi più recenti, l’8 agosto 1963 avvenne la grande rapina al treno postale Glasgow-Londra. Gli uomini d’oro erano 30, guidati dal «cervello», Ronald Biggs. Alle 3,15 del mattino, tutti in maschera, sopraffecero il segnalatore della ferrovia e attivarono un segnale di pericolo. L’imboscata avvenne in un punto isolato, fu coperto il segnalatore e sostituito con una torcia. Quando il capoconvoglio David Whitby e il collega Jack Mills scesero per vedere cosa non andava, vennero catturati dai rapinatori. I quali staccarono il locomotore e i primi due vagoni conducendoli a un miglio di distanza sui binari. Là scaricarono 120 sacchi di denaro e diamanti e fuggirono su due autocarri militari e un’auto veloce con un bottino di 3 milioni di dollari. Tutto in soli 15 minuti.
Dodici anni fa rapina all’Hotel Carlton di Cannes. La location è quella del film Caccia al ladro. Alfred Hitchcock vi girò alcune scene nel 1955, durante le riprese sulla Costa Azzurra che favorirono il matrimonio di Grace Kelly con Ranieri di Monaco. Inoltre, sempre a Cannes, Claude Lelouch fa svolgere quella deliziosa commedia giallo-rosa che è Una donna, una canaglia (La bonne année, 1973), dove un Lino Ventura al meglio del gigionismo interpreta il simpatico delinquente autore della «rapina psicologica», ossia la simulazione con cui penetrare in una gioielleria prima della chiusura per vuotarla.
L’eleganza della Croisette sembra l’ideale per un gentleman cambrioleur, il ladro gentiluomo, alla Arsenio Lupin. Come quello che, armato di fucile, fece irruzione al Carlton, sede in quelle giornate di un’esposizione di gioielli che avrebbe fatto gola a Diabolik. Furono sufficienti pochi minuti al rapinatore per imboscare in una valigetta preziosi del valore di 40 milioni di Euro. La replica di quanto avvenuto durante il Festival del Cinema, allorché da una suite del Novotel di Cannes furono sottratti gioielli della maison svizzera Chopard, per una cifra di 1,4 milioni di dollari. Notizie che s’incrociano con la fuga dal carcere svizzero di Orbe del bosniaco trentaquattrenne Milan Poparic, poi ricercato dall’Interpol. L’uomo fa parte della cosiddetta Banda della Pantera Rosa, formata da ex militari jugoslavi, che agiscono in tutto il mondo almeno dal 1999. Il loro appellativo proviene dall’impresa più celebre: il furto di un anello di diamanti rinvenuto dalla polizia in un tubetto di crema. Allo stesso modo di una pellicola del ciclo interpretato da Peter Sellers e David Niven.
Due anni fa, la rapina a mano armata nella gioielleria Piaget di Parigi, in rue de la Paix, tra l’Opéra e Place Vendone. Due uomini e una donna irrompono all’ora di pranzo, brandendo pistole dotate di silenziatori. Poi s’involano con un grisbi finora valutato in 15 milioni di Euro. La pratica delle Grandi Rapine attraversa la contemporaneità senza cedimenti agli scenari del momento. Specie oggi, con la crisi, i beni preziosi sono sempre più esposti alle mire del talento dedito alle ruberie.