Lunedì 08 Settembre 2025 | 20:30

Le troppe primavere di Bari, bella addormentata nel teatrino della politica

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Le troppe primavere di Bari, bella addormentata nel teatrino della politica

Non sarà una passeggiata rose e fiori per il sindaco Leccese, politico di lungo corso che non vede l'ora di dimostrare come sa governare la città e affrancarsi dal «marchio» di eterno secondo

Venerdì 23 Agosto 2024, 13:55

Come volevasi dimostrare. La bufera delle infiltrazioni criminali nel voto, gli arresti e la spada di Damocle di un possibile scioglimento dell'amministrazione cittadina, le gaffe di Emiliano e i pianti di Decaro, le piazze piene di «Bari non è mafiosa», le trattative su campo largo, campetto, camping senza renziani o con i grillini, l'esito inequivocabile delle urne, nulla hanno potuto di fronte alle poltrone: tutto da rifare su giunta, amministrazione, deleghe esecutive, nonostante la messe di consensi elettorali al centrosinistra e la maggioranza bulgara chiamata a governare la città.

Bari, ancora stordita dalle ferie estive, distratta dall'afa, inebriata dai crocieristi e dalle orecchiette senza Iva, confusa dai b&b impazziti e dagli hotel vuoti, dagli scippatori in spiaggia e dalle blatte sui marciapiedi, è ancora bellamente addormentata nel teatrino della «politica». Quella che dovrebbe occuparsi di decoro urbano, verde, immondizia, mobilità, sicurezza, mense sociali (P maiuscola), per ora, è rinviata. C’è la politica con la p minuscola che, invece, si chiude nei tavoli delle trattative sui posti, nel risiko sugli «equilibri» di palazzo, nelle assegnazioni da affinità o amichettismo, a seconda del giro che si prende sul tavolo da gioco con le fiches da aggiudicare agli alleati o agli esterni da chiamare. Risultato: prima ancora di cominciare siamo già a due dimissioni.

Prima le antiche esternazioni di Carlotta Nonnis diventate incompatibili con l'attuale incarico di assessore, poi le diatribe pentastellate sull'efficacia di Diomede a tenere alto il vessillo della legalità sbandierato ai quattro venti dai Cinque Stelle, col leader Conte pronto ad assolvere la coalizione che non aveva visto, per quasi 4 anni, i voti scambiati per 50 euro o per le bombole a gas pur di giocare la partita elettorale. Quindi i mal di pancia del PD per il mancato «riconoscimento» dopo il risultato delle urne, i malumori degli esclusi e quelli degli uscenti che diventavano entranti solo con la promessa di una candidatura alle regionali, il rito delle trattative con la sinistra «di lotta e di governo» di Laforgia. Sino alla festa di Ferragosto, con le comunicazioni del sindaco Leccese sulla fatidica Giunta da insediare.

Tutto modello «The apprentice», la celebre trasmissione tv di Trump importata in Italia da Briatore («Tu sei fuori!»), con un siparietto sul prescelto della lista emilianista Con da assegnare alla presidenza del consiglio comunale, posto che ancora gira a vuoto («dentro o fuori»?) tra le caselle del risiko.

Non sarà una passeggiata rose e fiori per il sindaco Leccese, politico di lungo corso che non vede l'ora di dimostrare come sa governare la città e affrancarsi dal «marchio» di eterno secondo ma che, per ora, è costretto a giocare a risiko e forse a rimpiangere la Politica (P maiuscola) che praticava di più da capo gabinetto del sindaco Decaro.

L'opposizione barese (il centrodestra)? Per ora silente, tramortita dal tonfo elettorale, asfaltata dalle imperiture «primavere» del centrosinistra, ridotta nell'angolo di pochi seggi, sembra del tutto incapace di fare un ruttino che possa scuotere la città e indurre chi, dopo il voto, ha le redini di governo a fare finalmente «Politica».

Finiti i siparietti e i teatrini di rito, resta però la domanda. Ma Bari può aspettare?

Cioè nel rispetto degli esiti elettorali, dei percorsi individuali di ciascun eletto e non, delle ambizioni di chi entra o dei dolori di chi esce da «The apprentice», degli equilibri nella coalizione vincente e delle relazioni personali tra leader locali, delle assegnazioni decise davanti a un’amatriciana con i leader nazionali e dei «campi» da tenere aperti a Bari. Insomma, nel rispetto di tutte queste motivazioni, quando si comincerà a ragionare di fatti seri? I baresi, quelli che ancora credono nella P maiuscola e la aspettano, ne sarebbero grati.

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