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L’era di Simeone e l’alleanza per la nuova città

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

L’era di Simeone e l’alleanza per la nuova città

L’aspirazione alla modernizzazione è un filo rosso che lega le varie stagioni politiche della città. Quella rappresentata da i Cagno Abbrescia è stata una inedita «alleanza per Bari», ideata con il vicerè delle Puglie, Giuseppe Tatarella

Sabato 30 Marzo 2024, 10:30

L’aspirazione alla modernizzazione è un filo rosso che lega le varie stagioni politiche della città. Quella rappresentata da Simeone di Cagno Abbrescia è stata una inedita «alleanza per Bari», ideata con il vicerè delle Puglie, Giuseppe Tatarella.

Nel 1995 si chiude la stagione della Prima Repubblica con il sit-in dei ragazzi del Fronte della Gioventù davanti a Palazzo di città dopo gli ultimi scandali. Sul volantino c’era scritto «Sciatavinn». Gli elettori alle politiche del 1994 avevano già fatto piazza pulita del pentapartito e così Tatarella ideò per le amministrative in arrivo tre candidature «ariose»: l’accademico Ninnì Distaso alla Regione, il giornalista Franco Sorrentino alla Provincia e di Cagno Abbrescia al Comune, forte di una buona prova al Senato con il Pri alle politiche del 1992 (un suo manifesto ricomparve nella sit-com «Filomena Coza Depurada»). La nuova legge elettorale, quella del sindaco d’Italia, fu battezzata a Bari con il successo dell’imprenditore di Palo, espressione del patto rassicurante della destra con la borghesia cittadina. E proprio la solidità di questa visione favorì la rapida cantierizzazione della nuova Bari, che aveva nel Piano Urban nel borgo antico la scommessa più ardita.

La morte di Simeone costringe ora a superare gli schemi dell'attuale propaganda, che vuole ridurre la Bari degli anni Novanta ad un frame di un surreale film noir. Era esattamente il contrario. Su via Venezia poteva capitare di incontrare il sindaco del centrodestra con Pinuccio, Pasquale Squitieri e Claudia Cardinale; lo schema della destra solo patriottica era ribaltato dal festival italo-tunisino nel centro murattiano; si guardava a Oriente con il Maggio barese. Certo, il turismo era qualcosa ancora in nuce, con l’eredità delle contaminazioni di «Stop over in Bari» di Lucio Albergo e delle feste nelle quali i baresi socializzavano con le prime scandinave di passaggio per la Grecia. Ma si iniziavano a demolire gli stereotipi e nasceva anche la novità dei park&ride, poi sviluppata da Antonio Decaro. Simeone seguiva i lavori a Bari vecchia con un pragmatismo quotidiano, e osservava divertito Tatarella giocare a «fischione» sui tavolini del bar Cenzino, reclamando quando si avvicinava l’ora della tavola, un assaggio di patate riso e cozze.

La stagione di Simeone fu inclusiva: l’assessore alla cultura della prima giunta fu il socialista Mimmo D’Oria, ma nella squadra c’era anche l’illuminato radicale Alex Napoli, accanto al galantuomo missino Peppino Mirizzi e all’ex Pci Enrico Piccone, senza dimenticare il conservatore Mimmo Massimeo. L’estate del 1997 generò l’ingresso in giunta di Tatarella, per calmierare le prime inquietudini. Il 9 febbraio 1999, la morte dell’ex vicepremier lasciò Simeone in balia delle fibrillazioni dei partiti e il secondo mandato - con l’innesto di Salvatore Tatarella come vicesindaco - fu complicato ma sempre sulla linea delle realizzazioni di intuizioni condivise (come il recupero di San Girolamo e di Torre a Mare), nonostante i nodi complessi legati al Petruzzelli, alla nascente querelle di Punta Perotti e all’ex Fibronit.

L’esperienza da parlamentare di Cagno Abbrescia fu il premio per aver consolidato la partecipazione del mondo imprenditoriale al progetto di Forza Italia. Poi ci fu la nuova partita alle amministrative contro Michele Emiliano nel 2009 e l’esperienza della nomina (voluta proprio dal governatore ex rivale) a presidente di Aqp in nome della «baresità del fare», che gli causò strali da parte dei conservatori.

Di Cagno Abbrescia ha segnato la storia della città non solo con i segni tangibili dei suoi dieci anni, ma anche esprimendo uno stile sobrio e composto nel confronto con i cittadini baresi, stile che sarà la bussola per i familiari, figli e nipoti in primis. Ai suoi tempi non c’erano i social, ma le tendenze digitali nulla potevano al cospetto della sua generosa propensione al dialogo. Quella di un barese illustre.

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