E tu, sotto Ferragosto, mica puoi stare a parlare dell’autonomia differenziata o della riforma fiscale che dovrebbe abbassare le tasse (?). Dopo le ferie, si diceva un tempo. Intanto sappiamo come va sulle nostre tavole. Se la tua porzione è abbondante, cominci a offrirne agli altri: ti metto due-tre forchettate. E al ristorante: scusi mi taglia in due il toast e mi dà un altro piattino? Certo signore. Certo un corno. Finché in una osteria ligure quel piattino in più è stato fatto pagare due euro, appunto, in più. E spiega una vecchia volpe del settore: sa, un piattino in più (con forchetta annessa) significa un tovagliolo in più da lavare così come il piattino e la forchetta. E se non è un tovagliolo, è tovagliolino di carta. Gulp.
La proprietaria dell’osteria ha spiegato che fa così da nove anni e nessuno si è mai lamentato. L’hanno massacrata di commenti al vetriolo sui social ma si sa che sui social non c’è creanza. Una collega chef stellata ha sottolineato che bisogna sempre informare il cliente prima. Comunque questa storia finisce qui anche perché il piattino è arrivato al culmine di un’estate in cui tanti altri piatti si sono rotti. Rincari di tutto. A cominciare dagli aerei che sembra ti debbano portare su Marte non, diciamo, da Bari alla Grecia.
Il governo dice di voler intervenire ma purtroppo a decollo avvenuto. E poi benzina e gasolio per una inflazione che si sa come funziona: più se ne parla, più gli aumenti scattano. Aumenti preventivi. E meno male che non si finisca per parlare soltanto della frisella da 18 carati (pardon, 18 euro) del Salento. Altrimenti avrebbero ragione i complottisti secondo i quali si vuole distruggere il turismo del Sud per favorire (come sempre) gli altri. Ma per carità, cosa dite mai. Pensare che c’è un tale che sostiene di aver speso 4 mila euro al giorno per una vacanza in Puglia, ma senza specificare se si faceva la doccia con lo champagne.
È stata tutta l’Italia a fregiarsi del primato europeo dei prezzi più cari. Non mettendo in fuga gli stranieri, anzi, ma gli italiani. I quali rispetto agli altri si muovono soprattutto in famiglia e vai a moltiplicare per tre o per quattro se una pizza e una birra sembrano diventati caviale. Allora, come diceva Totò, uno si butta a sinistra, anche se l’Albania con la sinistra non c’entra più niente dai tempi di Radio Tirana e di papa Paolo VI criminale. Albania che, dopo aver trovato la sua ultima spiaggia in Italia con la nave Vlora, ora diventa la prima spiaggia per gli italiani in fuga dalle proprie. E il presidente Rama ironizza di Vlora al contrario, povero.
Il fatto è che avverrebbe anche ciò che si legge dei tassisti di Roma. Ormai imbarcherebbero solo quelli che parlano inglese, perché sono quelli che potrebbero spennare. Sarà come sarà, lo strapotere di quella categoria è così siderurgico che non c’è stata finora riforma capace di stroncarne la possibilità di ricatto. Per non parlare (ma parliamone) dei balneari, che dribblando meglio di Messi sfuggono a ogni tentativo di fargli pagare di più le concessioni di sabbia pubblica. Anche se ci sono di quelli che un lettino e un ombrellone non sono un lettino e un ombrellone ma cinque stelle lusso. Ma c’è chi li difende dai bandi europei che potrebbero consegnare anche il mare a gruppi stranieri. Dovremmo farlo come fanno gli altri secondo le regole comuni a difesa dei bagnanti. Ma si teme che sia una resa totale del nostro turismo con fuga altrove anche di questi profitti, visto che non abbiamo una compagnia aerea italiana né colossi alberghieri in grado di reggere la concorrenza internazionale. Da noi si preferisce mandare i soldi alle Cayman.
Però non si può continuare con «il parcheggio e l’accesso alla spiaggia libera sono a pagamento», come era scritto su un surreale cartello. La parola d’ordine è che ci vuole qualità, insomma anzitutto servizi. Tipo la Spagna, dove ovunque e comunque sbarchi, un biglietto e un treno ti portano dalla parte opposta senza dover cambiare a Caserta come da Bari a Napoli. E poi ci vogliono frecce segnaletiche che ti portino in nuovi posti: che dire in Puglia, a Noci e non solo a Gallipoli? In inglese si chiamano «second best», magari i bellissimi grifoni di Ascoli Satriano.
Conclusione. Il turismo è una manna per gli ottomila comuni del Belpaese. Ma abbiamo il primo posto al mondo per siti Unesco e siamo solo al quinto per arrivi e presenze. Eppure non c’è paragone con una settimana di vita all’italiana, bellezza a prova di imitazione finché lo capiamo. Anche Kim Basinger mediterebbe di comprarsi una casa in Puglia. Dove ci sono già Helen Mirren e Ron Moss. Compagnia premium, per un piattino in più se li perdano altrove.