Dorde Panic, di Belgrado, quel bimbetto che abitava al piano di sotto al suo nemmeno lo conosceva. Così come non conosceva neppure la mamma, che lo teneva in braccio pronta a gettarsi dal balconcino urlando aiuto, mentre il rabbioso fiume di fango saliva inghiottendo qualsiasi cosa gli si parasse davanti. Però Dorde non ci ha pensato un attimo, lui che s’era già messo in salvo, tuffandosi a nuoto in quella melma che avrebbe potuto tirarlo giù con un vortice più forte. Si è avvicinato al bimbetto, gli ha sorriso per rassicurarlo, se l’è caricato sulle spalle riattraversando l’orrore che gli scorreva sul corpo e, con quelle manine che si aggrappavano ai suoi capelli, è riuscito, mettendo a rischio la propria, a salvare una vita.
Perché poi - vedete - nella vita di tutti i giorni che pare trascinarci sempre più a fondo in un vortice di brutte notizie, ogni tanto arriva un Dorde: una di quelle persone che non si dà il tempo per decidere poiché tempo non ce n’è. Semplicemente aiuta. Salva una vita. Coraggiosamente lanciandosi nel fango vorticoso o nel mare in tempesta: per agguantare una mano che implora aiuto, per caricarsi un piccino sulle spalle. Accade, oh sì che accade: più di quanto non crediamo.
È accaduto l’altro ieri in Emilia Romagna (forza e coraggio, gente meravigliosa!) dove la Natura ci ricorda chi comanda davvero sul pianeta di cui - meschinamente - ci riteniamo padroni. Accade tutti i giorni nel Mediterraneo che circonda il nostro meraviglioso Paese. Che è meraviglioso, ancora una volta e ancora di più e nonostante tutto, quando ci racconta storie come quella di Dorde.
Le storie di quelli che non hanno razza, etnia, dialetto quando si tratta di salvare un’altra vita. La salvano e basta. Quelli che ci riappacificano con i nostri simili perché ci ricordano quali sono le regole dell’anima, quelle che contano sul serio. Questi eroi che si rivelano nella eccezionalità del Bene: i migliori di noi.