«Ma quindi saltano i lavori al nostro palazzo?». «Scusi dottore, gli infissi cadono a pezzi, è più di un anno e mezzo che aspettiamo l’inizio dei lavori. Ora siamo stati fatti fuori?». «Dottore, pronto? Pronto? Ci dica qualcosa...». Il giorno dopo la decisione del governo Meloni di dire basta agli sconti in fattura e alla cessione di crediti, in pratica all’ormai famoso superbonus 110%, il panico corre veloce nelle periferie. Taranto, quartiere Paolo VI. «Vedi quel palazzo? Sono stati fortunati, tra i primi cantieri a partire. Guarda che bella facciata. Hanno fatto tutto nuovo: infissi, caldaie, hanno anche pitturato i bagni». «Noi stiamo morendo di freddo, invece: puoi pure tenere i termosifoni accesi tutto il giorno, ma il calore non resta. Troppi spifferi, buchi». I soldi per riscaldare le case non ci sono, ma se poi calcoli che per non sentire freddo dovresti tenere i termosifoni accesi 24 ore su 24, ci pensi tre volte. E non lo fai.
Diciamo la verità, lo stop al superbonus 110% era annunciato, destino già scritto da Draghi: 110 miliardi di cessione di credito d’imposta raggiunti sono un’enormità. «Potenzialità negative sul debito pubblico» ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. «900 mila posti di lavori, Pil a +6,7 nel 2021 e +3,9 nel 2022» ha risposto Giuseppe Conte.
Lo stop al superbonus 110% (già in «Gazzetta») è una misura impopolare, ma politica. Aumenterà la dipendenza dei piccoli dai grandi. Le grosse imprese potrebbero essere le uniche a sopravvivere. La scelta fatta avrà ricadute sul consenso per il governo Meloni? Presto per dirlo. Ma non è escluso. Non mi interessa però la bagarre politica di queste ore. Piuttosto vorrei porre l’accento sull’urgenza di avere il coraggio di varare politiche sociali solo a favore dei più poveri, bisogni, precari, pensionati. Se si fossero concentrate le risorse solo su queste categorie, più meritevoli di altre, oggi saremmo a questo punto? Dovremmo dire addio ad una misura giusta che in effetti ha fatto anche ripartire il PIL? Ma che soprattutto ha esteso anche a chi non avrebbe avuto la possibilità economica, di rifarsi casa? Non è un vezzo.
Non parliamo di lavori futili. La fotografia del panico nella periferia tarantina ne è la prova. Ceti sociali che hanno diritto a migliorare le proprie condizioni di vita con il sostegno di politiche pubbliche. È una fotografia speculare a tante altre periferie identiche in giro per l’Italia. «Dottoressa, lo sa che ad un certo punto le imprese non trovavano le impalcature, i ponteggi per iniziare i lavori?». Perché? Erano finite? «Sì, vabbè... se poi pagavi le trovavi».
Per non parlare del quadro desolante che viene fuori dalla relazione della Guardia di Finanza illustrata in Commissione Bilancio del Senato: c’è chi ha certificato in Italia di aver effettuato ristrutturazioni mentre era detenuto in carcere (per un totale di 34 milioni di euro). Ovunque si registrano casi di emissione di fatture per operazioni inesistenti, truffa aggravata, autoriciclaggio. Per carità nulla di nuovo, la solita storia del più furbo, del criminale che tenta di farla franca sulla pelle della stragrande maggioranza della popolazione perbene. Con la connivenza talvolta di commercialisti, architetti, consulenti del lavoro.
Ma tornando alla platea dei beneficiari. Non aver stabilito dal primo momento paletti rigidi per delimitare molto chi poteva e chi no usufruire del superbonus, possiamo dire che è stato sbagliato? Agli sconti in fattura e alla cessione di crediti oggi rinunciano tutti, ma più di tutti coloro che quei lavori non li faranno mai più, non se li possono permettere, che nelle case con gli infissi «sgarrupati» ci moriranno. Almeno per loro, per le case popolari, per queste periferie, non avrebbe avuto senso mantenere il superbonus? Dovremmo averlo imparato: se la coperta è corta, concentrare le poche risorse su chi ne ha veramente necessità non solo è indispensabile, è giustizia sociale. E invece, non è andata così. Ne hanno beneficiato tutti, a spese di tutti e ora restano al palo tutti. Comprese le imprese perbene del settore. Chissà se la lezione servirà finalmente per smetterla di avere paura di fare politiche mirate a beneficio solo di alcuni. Non sono più scelte né di destra, nè di sinistra. Sono oggettivamente politiche urgenti per mettere mano a quel divario sociale tra ricchi e poveri diventato insostenibile.