In una notte buia e tempestosa per le imprese e le banche italiane scosse dalla crisi del ’29, il 23 gennaio 1933, nacque l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, l’IRI. Protagonisti Alberto Beneduce da Caserta, Donato Menichella da Biccari (Fg) e Guido Jung da Palermo (un bel gruppo di «terroni», ma questo è un dettaglio). Nasceva l’«economia mista».
Altro dettaglio, ma non da poco: il tutto avvenne tre anni prima della pubblicazione del «Trattato generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta». Bibbia keynesiana per i «Trente Glorieuses».
Tre decenni di crescita europea al ritmo di circa il 4,5% all’anno. Fantastico! La storia è arcinota per ascesa e gloria fino alla crisi e allo smantellamento dell’ «economia mista» che, in un modo e nell’altro, aveva tirato fuori l’Italia dalla catastrofe della guerra e aveva consentito il «Boom» economico.
Ora siamo alle prese con il PNRR e con il micidiale reticolo nazional-regionale e ministerial-assessorile con quel che segue. Per contorno un ritorno, più o meno forzato all’«economia mista» nell’acciaio, nelle linee aeree, nella telefonia e almeno in una banca già costata un bel po’ di quattrini ai contribuenti italiani (diamogli nome e cognome: parliamo dell’ex Ilva, di Ita, Tim e Monte dei Paschi). Per inciso, non riesco a dimenticare che l’Autostrada del Sole - 760 chilometri da Milano a Napoli - vide la posa della prima pietra il 19 maggio 1956 e la sua inaugurazione il 4 ottobre 1964. Otto anni! Con ponti, viadotti e tunnel. Un miracolo!
Altri miracoli furono compiuti nella siderurgia, nella meccanica, nell’elettronica, nel settore petrolifero, nel nucleare, nell’aerospazio, nel tessile, nella moda. Al dunque si tratterebbe di credere ancora ai miracoli, pur in assenza di «santi» come Oscar Sinigaglia, Enrico Mattei, Felice Ippolito, Giuseppe Petrilli. Intanto, sarebbe opportuno evitare come la peste i «capitani coraggiosi» di non felice memoria la cui eredità ancora grava sul paese.
E allora? Se è del tutto evidente che tempi e risorse del PNRR vadano aggiornati agli esiti della catastrofe bellico-energetica in corso (quasi un Karma per il ministro Fitto), restano procedure e uomini. Se per le prime ci si può limitare a copiare dal passato migliore dell’Iri e della Cassa del Mezzogiorno (pre-degenerazione) per i secondi forse si può pescare tra i semi-sconosciuti che stanno mandando avanti il paese da anni, investendo, ricercando, esportando, attraendo investimenti, producendo valore, occupazione e magari facendo anche qualche profitto. Insomma, non si venga a dire che la seconda manifattura d’Europa manca di capitale umano.
Magari si potrebbe persino sperimentarlo, usarlo, trarre vantaggio dalle conoscenze e dalle esperienze.Impazza l’uso di «due diligence» e va anche bene per le aziende. Sarebbe antidemocratica una «due diligence» che verifichi appunto la «dovuta diligenza» di un assessorato, di una giunta, di una pubblica amministrazione quale essa sia?
Lo sforzo che si chiede all’impresa non può essere diverso da quello che si chiede allo Stato in tutte le sue articolazioni, dal più piccolo Municipio al Consiglio Superiore della Magistratura, da una ASL al Consiglio dei Ministri. Efficienza ed efficacia non sono un optional. Gli strumenti di valutazione ci sono. Basta applicarli e trarne le dovute conseguenze.
Evitiamo di cascare sempre nel luogo comune che «la situazione è grave ma non è seria» (omaggiando finalmente la memoria di Flaiano nel cinquantenario della sua scomparsa).