Ombre russe sulla crisi? Il governo di Mosca era attento e vigile sulle vicende di Roma e non indifferente a destabilizzarlo.
In un articolo apparso sul quotidiano «La Stampa» verrebbero delineati i contatti gestiti da Antonio Capuano, consigliere per i rapporti internazionali del leader della Lega Matteo Salvini, con Oleg Kostyukov, funzionario dell’ambasciata russa in Italia, per accelerare la crisi.
Il giornale torinese riporta stralci di documenti dell'intelligence, contenenti tra gli altri i colloqui tra il personaggio del Carroccio e il funzionario di Mosca, nel periodo in cui Lega e Movimento Cinque Stelle si schieravano contro un nuovo invio di armi all’Ucraina, due mesi prima della caduta del governo.
Le ombre russe, nonostante l’allarme e la richiesta di chiarimenti, non sono una novità. Ma, non per sminuire la veridicità delle presunte interlocuzioni ma, prima ancora, per capire come vanno le cose nel nostro Paese, non nuova è soprattutto un’altra ombra.
Si chiama «complottismo», un -ismo tra i più pericolosi che innervano le tendenze e popolano l’immaginario politico.
Diciamo che è una sorta di vena carsica, un filone impastato di veleni e di sospetti che attraversa tutta la nostra storia repubblicana.
In che cosa consiste? E come possiamo incastonarlo nella nostra storia e nel corpo stesso del Paese?
Se ci fate caso, è nei momenti critici della nostra vicenda politica e sociale, quando in Italia si sono verificati grandi attentati o si sono determinati momenti critici della dialettica politica, che si aprono ricostruzioni inusitate, si rispolverano personaggi e disegni insospettabili con i quali i vari esegeti provano a spiegare quel che accade non alla luce di quel che si vede, bensì di quanto sarebbe oscuro, avvenuto non alla luce della verità, magmatico, torbido, o che fa appello a presenze invasive e non ufficiali delle vicende in atto.
Per i fautori del complottismo non è necessario ricostruire i fatti analizzando e verificando i dati raccolti, ma fondamentale affidarsi alla cieca accettazione di un’ipotesi, che acquisisce il valore di verità.
Non è difficile incastonare il vizio nella storia del nostro Paese, che dagli «anni di piombo» in poi vive una serie di vicende che non sono state mai chiarite, per ragioni che non rileva qui evidenziare, ma che blindano i fatti con il marchio del segreto.
Ecco, il complottismo eleva il segreto, ciò che non si conosce, a mistero, quanto non è conoscibile, e ne fornisce anche le sue chiavi di lettura storica. Tanto per capirci, le bombe i cui mandanti non sono stati ancora individuati o le crisi di governo non ricomposte vengono lette chiamando in causa forze oscure o estranee alla realtà dei fatti.
Intendiamoci, il complottismo, al di là della veridicità degli eventi che prova a ricostruire, è un vizio antico, quasi una malattia delle democrazie. E non è difficile capire le ragioni della patologia: quando non tutto è chiaro, poiché l’irrazionale è in agguato, dobbiamo domarlo con l’imponderabile, che ci rassicura dell’incomprensibile apparente, e del quale offre la soluzione.
E quindi il male oscuro non riesce a sopraffare il corpo sociale ma in qualche modo lo tange, lo deturpa, insinua il sospetto. Dall’enigma però il complottismo mette le democrazie al riparo.