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La Repubblica e le 3 fasi del cattolicesimo

 
Domenico Delle Foglie

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Domenico Delle Foglie

La Repubblica e le 3 fasi del cattolicesimo

Grande è stato il contributo iniziale dei cattolici alla costruzione della Repubblica

Martedì 01 Giugno 2021, 14:53

Da giovedì braccia aperte a chi è rimasto ancora fuori dalla vaccinazione anche in Puglia e Basilicata (dove, per altro, continuano gli «Open Day» per il Johnson&Johnson). Mentre la curva abbassa la china e tre regioni festeggiano il loro scintillante «bianco», proseguono a Bari le indagini per i «furbetti» del vaccino. Intanto l’Anci (Associazione dei Comuni) fa un bilancio di Sostegni bis e Semplificazioni: bene, ma si può fare di più.

Il contributo dei cattolici copre un arco di tempo che precede la nascita effettiva dell’Italia repubblicana e che, per ragioni attinenti alle dinamiche politiche, ha punti di snodo e stagioni meno fortunate. Volendo sintetizzare, possiamo individuare tre fasi: da Camaldoli alla Costituente; l’età democristiana, ovvero dell’unità politica dei cattolici; il dopo Moro con il pluralismo politico e l’irrilevanza dei cattolici sulla scena pubblica.
Innanzitutto va detto che è riconosciuto il contributo di quei cinquanta giovani provenienti dalle file dell’Azione Cattolica e della Fuci che si riunirono nel monastero di Camaldoli dal 18 al 23 luglio del 1943. Loro scrissero il Codice di Camaldoli, intriso di quel personalismo di ispirazione cristiana che oggettivamente costituisce la fonte più ricca, in materia di valori, offerta ai Costituenti. I principi guida furono elaborati da Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno, Ezio Vanoni. Alla stesura definitiva del Codice parteciparono Mario Ferrari Aggradi, Paolo Emilio Taviani, Guido Gonella, Giuseppe Capograssi, Ferruccio Pergolesi, Vittore Branca, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Giuseppe Medici. Faremmo però un torto alla storia del cattolicesimo politico italiano se non ricordassimo anche Luigi Sturzo, Giuseppe Dossetti e Alcide De Gasperi. E soprattutto un tale Giovanni Battista Montini, diventato Paolo VI. Una generazione di giganti.

A loro il merito di aver innestato il personalismo cristiano nell’impianto costituzionale della Repubblica di cui ancora oggi godiamo. A partire dallo stesso concetto di persona che trova piena espressione nella dialettica fra singolarità e relazione. Di cui ci sono mille tracce nella Carta, come nel riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo. E poi nella difesa del pluralismo, nella scelta della libertà personale comunitaria e sociale, nel rifiuto del totalitarismo, nella dialettica virtuosa fra etica della responsabilità ed etica della solidarietà, nel ripudio della guerra e nella valorizzazione del lavoro come diritto e dovere.

Ovviamente i cattolici non sono stati soli nella costruzione repubblicana, ma hanno offerto un contributo decisivo, da tutti riconosciuto grazie proprio allo spirito costituente delle tre culture protagoniste (cattolica, liberale e socialista). Altro è il giudizio, però, sulle due fasi successive. Il lungo regno democristiano, segnato da una fervida stagione di riforme (da quella agraria a quella tributaria, da quella della scuola a quella della sanità) ha certamente contribuito a dare solidità alla Repubblica nella sua dimensione inclusiva. Ma l’uccisione di Aldo Moro, autentica vittima sacrificale dell’aggressione brigatista alla Repubblica, sposta le lancette della storia: la sua parabola esistenziale racchiude la cosiddetta Prima Repubblica (dalla Costituente alla crisi dei partiti storici). Il martirio di Aldo Moro segna una cesura nel contributo originale dei cattolici allo spirito repubblicano. La crisi della Dc, il suo avvitamento nella corruzione e il suo drammatico crollo sotto i colpi di Mani Pulite, fanno il resto.

Ai cattolici non restò che coltivare l’identità (segnata dal nascere e affermarsi dei Movimenti ecclesiali espressione della Primavera della Chiesa evocata da Giovanni Paolo II) con la conseguente inevitabile diaspora dalla politica. Finendo così col ritrarsi dalla scena pubblica e rinunciando sostanzialmente a nutrire, attraverso l’azione politica, le radici personaliste della vita repubblicana.

Dunque, grande è stato il contributo iniziale dei cattolici alla costruzione della Repubblica. Altrettanto non si può dire delle stagioni successive alla morte di Aldo Moro. Nessuno, dopo di lui, ha saputo indicare ai cattolici italiani, un orizzonte di impegno comune. Non che siano mancati i tentativi di protagonismo, ma è come se i cattolici si fossero autoreclusi dentro i confini, talvolta angusti, del Concordato. Quasi che il confrontarsi con la statuaria generazione dei Costituenti costituisse un limite insormontabile. Eppure, è impensabile una Repubblica italiana senza i cattolici. Ma i cattolici di oggi non sembrano averne consapevolezza. Relegandosi al ruolo di spettatori.

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