Per la critica letteraria di ieri e di oggi Dante Alighieri (1265-1321) e William Shakespeare (1564-1616) sono i due più grandi autori di tutti i tempi, ex-aequo, come Leo Messi e Cristiano Ronaldo nel calcio. Eppure c’è chi non accetta questo (plurisecolare) verdetto pressoché unanime.
Ieri dalla Germania è partito un missile d’inchiostro contro la buonanima di Dante, al cui confronto le stroncature letterarie ordinate da Josif Stalin (1878-1953) contro i non allineati sembrano dolci carezze.
«Dante? Arrivista e plagiatore, anni luce dietro a Shakespeare», ha sentenziato lo scrittore e commentatore Arno Widman, che ha rovesciato un sacco di contumelie sul vero artefice dell’unità d’Italia (linguistica), retrocesso a scribacchino di terza serie.
Non si salva nessuno dalla furia iconoclastica contro i giganti di passato e presente. Non si salva nemmeno il genio per antonomasia, Leonardo da Vinci (1452-1519), la cui vita viene reinventata, e ridicolizzata secondo i canoni gossipari richiesti dal format Grande Fratello televisivo. Non si salva Dante, accusato di tutto dalla pur disciplinata Germania.
Perché cotanta acredine prussiana? Chissà, forse il Paese della Merkel rifiuta di accettare il terzo posto del suo Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), dopo Dante e Shakespeare, nella graduatoria delle muse scritturali più leggendarie di sempre. I tedeschi, si sa, puntano sempre alla medaglia d’oro, specie quando giocano gli italiani. Loro sono invidiosi del ruolo dell’Eni in campo energetico. Sono invidiosi della Nazionale azzurra di calcio che spesso batte i rivali teutonici. E ora non si capacitano del primato letterario mondiale di Dante.
Stiano calmi. Purtroppo a breve saranno in buona compagnia. Su Dante si riverserà la batteria di fuoco del «politicamente corretto» di quanti vedono il passato con gli occhi del presente. Misoginia. islamofobia e chissà cos’altro gli addebiteranno. Povera Europa se si ragiona così.