Nelle settimane più buie dei feretri sui camion militari non sapevamo neanche che esistessero, poi gli asintomatici si sono materializzati ma, ci assicuravano, non erano contagiosi. Qualche mese dopo il dietrofront e ora si sa che gli asintomatici positivi al Covid-19, anche se non malati, possono diffondere il virus. E' speculare quanto ci è stato detto sui bambini: prima immuni, inattaccabili dal Coronavirus grazie a difese più forti, ma poi no, la realtà di contagi e vittime ha frantumato anche questa certezza (contagiabili e contagianti persino i neonati, dimostra uno studio).
E adesso che le scuole riaprono in presenza sono proprio loro, bimbi e adolescenti, nel mirino di regole e Coronavirus. Molto di più dei fratelli maggiori iscritti all'Università, perchè tanti Atenei hanno lasciato esami, lezioni e sedute di lauree a distanza, limitando gli insegnamenti frontali a primo anno e tirocinii.
A delineare meglio i contorni di questo paradosso, i test volontari (e gratuiti) per docenti, personale Ata e insegnanti precari di scuole dell'obbligo e superiori: nel caso avessero deciso di non farli, al lavoro possono andare comunque e tutti, mentre i loro discenti, come le relative famiglie, non sapranno mai, grazie alla privacy, se i ragazzi così condizionati nei movimenti e nei comportamenti in classe e persino a ricreazione rischino di prendere la terribile infezione da maestri o professori rientrati senza il sierologico.
Nello specifico il "pungidito", che in caso di positività al virus prevede il tampone (e quando positivo quest'ultimo esame obbliga alla quarantena fino a successivo tampone negativo). Va detto che i medici di famiglia, cui lo screening è stato demandato, possono a loro volta rifiutarsi di eseguirlo e a quel punto il docente deve rivolgersi all'Asl con i tempi e le attese che questo comporta, ma nessuno vieta a ciascun insegnante, o personale Ata, di pagarsi ed eseguire il test privatamente, garantendo così anche la propria sicurezza in aggiunta a quella dei ragazzi.
Queste storture visibili a occhio nudo (già molti i casi di istituti chiusi per insegnanti positivi) diventano caos in nidi, scuole d'infanzia ed elementari, dove sono i pediatri a dover fornire l'ormai arcinoto certificato anti-Covid per il rientro del bambino dopo tre giorni di malattia. Gli specialisti, in rivolta, dicono a ragione che il certificato medico per il ritorno in classe senza la prova del tampone (o i tamponi, perchè i bambini si raffreddano più volte durante l'anno) è "inutile e dannoso", mentre sarebbe più logico attenersi alle norme dell'ultimo DPCM, cioè eseguire il tampone naso-faringeo in tutte le principali e più frequenti condizioni che causano l'assenza dalle comunità scolastiche. I test salivari, o rapidi, promessi dal ministro Speranza, potranno forse dirimere questo ulteriore macigno che il Covid e la burocrazia hanno scaraventato sull'istruzione dei più piccoli, ma intanto come non rilevare, anche, che un consistente numero di docenti universitari, quelli dei corsi di laurea di area medica integrati nelle aziende ospedaliere, si sottopongono con regolarità ai test sierologici, ma continuano a fare lezioni ed esami a distanza?