Giovedì 23 Ottobre 2025 | 08:29

«Mio figlio suicida dopo le angherie dei bulli». La lettera di una madre barese: «Un appello affinché non accada mai più»

«Mio figlio suicida dopo le angherie dei bulli». La lettera di una madre barese: «Un appello affinché non accada mai più»

 
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«Mio figlio suicida dopo le angherie dei bulli». La lettera di una madre barese: «Un appello affinché non accada mai più»

Dalla madre di Raffaele, barese morto suicida un mese fa a causa del bullismo subìto 15 anni fa tra i banchi di scuola, riceviamo e pubblichiamo un’intensa lettera

Giovedì 23 Ottobre 2025, 05:00

Dalla madre di Raffaele, barese morto suicida un mese fa a causa del bullismo subìto 15 anni fa tra i banchi di scuola, riceviamo l’intensa lettera che segue, decisamente ispirata dagli ultimi drammatici episodi di cronaca.

Vorrei raccontare una parte della vita di mio figlio Raffaele per far sì che certi errori non si ripetano. Durante il periodo scolastico, sia alle scuole medie che al liceo, è stato vittima di bullismo sotto diverse e violente forme, dalla più evidente data da insulti e varie prese in giro a quelle più aggressive e distruttive per l’autostima di un ragazzo nella sua fase di crescita. Benché si dica che questi siano avvenimenti all’ordine del giorno e che tutti in un modo o nell’altro li attraversino, non possiamo più accettare l’indifferenza generale verso certi atteggiamenti e soprattutto non è giusto che a pagarne le conseguenze sia il futuro delle vittime stesse. Mio figlio ha sviluppato grandi insicurezze in se stesso dovute al modo in cui veniva trattato in classe e sfiducia nei confronti dell’amicizia visto che quelli che considerava suoi amici in realtà lo deridevano e lo sfruttavano. Infatti lui era un ragazzo estremamente sensibile, gentile e buono e non sapeva purtroppo dire di no, neanche a dei soprusi. Questo fungeva da terreno fertile per i bulli. Da mamma e da adulta non vorrei più sentire che a 15 anni di distanza dal periodo scolastico di mio figlio molti ragazzi e ragazze vivono oggi le stesse ingiustizie, ma la verità è che la situazione sembra addirittura peggiorata, in parte a causa dei social.

Servono interventi mirati che agiscano su più fronti. Serve una presa di coscienza da parte di quei genitori che conoscono i comportamenti irresponsabili dei propri figli e preferiscono difenderli a tutti i costi piuttosto che educarli, prendendosela spesso con quei professori che invece cercano di insegnare dei modi più giusti di stare in classe e nel mondo. Ma servono anche professori più attenti, più aperti e responsivi alle esigenze di tutti gli studenti e in particolar modo di quelli più in difficoltà, siano esse difficoltà di studio e apprendimento, incomprensioni tra alunni o difficoltà emotive e di crescita personale. A volte, lo sappiamo, ciò che succede in classe non viene poi riferito a casa dal ragazzo e qualora dovesse essere notato dai docenti, sarebbe necessaria la comunicazione alle famiglie degli interessati per cercare di fare di tutto in modo da evitare ulteriori danni. Per questo mi piacerebbe anche che venisse adottata da tutti gli istituti la figura dello psicologo a scuola, accessibile a tutti coloro che ne sentano il bisogno, senza vergogna né stigmatizzazioni.

Ma soprattutto, dobbiamo puntare a un’educazione affettiva per tutti e tutte a partire anche dalle scuole elementari. Bisogna insegnare già ai bambini cos’è il rispetto per se stessi e per gli altri, come riconoscere un vero amico e quando è più opportuno allontanare chi si comporta ingiustamente, quali sono le forme di violenza e come eventualmente proteggersi, quali sono i soprusi più comuni a scuola, come utilizzare con più equilibrio i social networks e via discorrendo. Questi sono temi che i professionisti della materia sanno sviscerare molto meglio e a cui perciò non mi sostituisco. Ma vorrei che ai nostri ragazzi venisse trasferita la necessità vitale di aprirsi con gli altri per parlare di loro stessi e delle loro difficoltà, senza più quella ingiustificata vergogna di chiedere aiuto ad un adulto, sia esso un professore, un genitore, un parente, uno psicoterapeuta.

Vorrei che venisse fatta giustizia per ciò che ha subito Raffaele, ma poiché per la sua vita non posso fare più niente, sarebbe di sollievo per la mia sofferenza di madre che ha perso un figlio sapere che ciò che lui ha vissuto può oggi essere prevenuto e curato, affinché ad altri ragazzi sensibili come lui sia regalata una vita più serena e meno ardua da sopportare.

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