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Il tesoro dei Santi Medici al tempo della pandemia

 
Michele Mirabella

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Michele Mirabella

Il tesoro dei santi medici al tempo della pandemia

La compostezza severa della Chiesa ci restituirà feste e processioni. Con una condizione in più: le regole

Domenica 05 Luglio 2020, 17:32

Giorni fa, la Gazzetta dava notizia di un «via libera di Emiliano a sagre e feste popolari». Il Presidente della Regione, dunque, autorizza ad avviare i lavori per realizzare sagre e feste popolari.

Opportunamente, il Presidente ha richiesto il parere dell’epidemiologo, professor Lopalco che, con esemplare rigore, mi consta, guida con consigli avveduti la politica sanitaria in questa emergenza in Puglia. Il Professore ricorda: «Una festa popolare è l’insieme di attività per le quali esistono delle linee guida e in questa direzione stiamo cercando di offrire agli amministratori locali indicazioni più chiare per facilitare lo svolgimento di feste e sagre in piena sicurezza».

Il fatto è che, da scienziato, non spetta a lui occuparsi della natura, dell’indole della sagra paesana, della festa del santo patrono, delle processioni, vivaddio. E il professore, cui va il mio saluto, dirà, se lo ritiene utile, le sue orazioni seguendo le procedure della Chiesa. E queste, forse, si discostano dalle intenzioni che intravediamo nell’iniziativa governativa pugliese: le celebrazioni religiose nel corso delle feste patronali si svolgeranno «solo» con liturgie severamente ristrette negli ambiti rituali e in siti ecclesiali. Messe e novene e altre cerimonie si terranno nel rispetto delle regole che lo stato ha imposto: ritualità asciutta e sobria, distanziamento dei fedeli e abolizione tassativa di processioni e trasporto pubblico di statue di santi.

Leggendo la Gazzetta mi è venuto in mente Guareschi.
Perché non ho conosciuto Giovannino Guareschi? È uno dei crucci che coltivo sin da adolescente, quando mi beavo dei film tratti dalla saga gentile di Don Camillo e, poi, da quando ho migrato nel Mondo piccolo letterario in cui il Baffo raccontava una vita in cui «spazio, tempo ed eternità si danno convegno». Leggere Guareschi è un appuntamento con un grande scrittore smagato e ironico, pudico di poesia meticolosa e capace di sganassoni delicati, ma, anche, di carezze ruvide e deliziose.
Lo scrittore Guareschi è un galantuomo di destra di cui, oggi, solo «quelli di sinistra» sentono la mancanza. Lui li chiamava «Trinariciuti». Affettuosamente. E li sfotteva nelle vignette della serie «Contrordine compagni!». La destra d’oggi, forse, vedendo i film di Don Camillo in televisione, pensa che siano stati opera di uno scrittore acceso di bolscevismo.

Oggi i ruoli sembrano invertiti, ma, a pensarci bene, sembra una trovata di Guareschi: il Presidente autorizza e auspica la festa patronale e il parroco, imperterrito, ne restringe le effusioni nella severa sobrietà che è imposta, non solo, dalla naturale inclinazione mistica, troppe volte trascurata nella abbacinante festosità delle luminarie, ma addirittura esclude la processione.

Eccone una che avanza tra due ali di folla, come piace dire ai »onisti, «Evviva a Santo Cosma e Damiano! Biato a quel tesoro che avete in mano». Proprio così: «Biato», beato, nella contratta dizione pugliese. L’oggetto decantato è una capsula dorata che contiene, forse, un unguento miracoloso. Il tesoro, appunto. Anzi, in realtà il Tesóro, con la o stretta come si dice da noi. In verità l’agiografica metafora allude alla miracolosa potenza taumaturgica dei Santi Medici, Cosma e Damiano: quello il tesoro, ostentato simbolicamente anche da una piccola penna d’oca. Da bambino, quando scrutavo a bocca aperta per il candido stupore dell’inerme infanzia il saltarello buffo e faticato della processione pensai che la penna d’oca servisse per scrivere le ricette.

Era ed è la processione dei Santi Medici a Bitonto. I Santi Medici, in verità non danno che ricette simboliche, ammonimenti allegorici e prescrivono solo preghiere al divino committente da cui, solo, procede la loro taumaturgia. Ma io, da bambino, non potevo avventurarmi in complicazioni della verità di fede come coloro che, con devozione appassionatamente cieca e fiduciosa, arrancano per far quadrare la melodia e le parole di quella semplice nenia dialettale: «Evviva a Santo Cosma e Damiano! Biato a quel tesoro che avete in mano!» i quali non si avventurano in speculazioni teologiche. La processione dei Santi Medici si tiene ogni terza domenica d’ottobre, a Bitonto. O, meglio, si teneva. Tutto finito?
Possibile che I Santi Medici non debbano provvedere tempestivamente a sconfiggere il Coronavirus? Il rito pellegrino, un tempo era corredato da corollari gastronomici ed enologici. La tradizione annovera picaresche mangiate all’aperto di carne arrostita e salsicce a punta di coltello. Il contorno è robustamente assicurato da sedani enormi, sbrigativamente liberati dei bruni residui di terriccio sotto lo zampillo delle pubbliche fontane e da olive «alla calce» il cui perentorio ricordo saporito vale, per me, le madeleines di Proust.

Tutto sospeso sine die? Peppone può far di tutto per garantire la sicurezza, noi pregheremo con educata compunzione, ma Don Camillo deve mettersi sotto la croce e portarla in processione come nel libro di Guareschi: «Don Camillo si adattò addosso rapidamente la bardatura col supporto per il piede della croce, cavò l’enorme Crocifisso dall’altare, lo infilò nel supporto, poi sospirò: “Però potevano farla anche un tantino più leggera questa croce”. “Dillo a me - rispose sorridendo il Cristo - che me la son dovuta portare fin lassù e non avevo le spalle che hai tu”. Il paese era deserto: la gente s’era rintanata in casa per la paura e spiava attraverso le fessure delle gelosie. Deve dar l’idea di quei frati che giravano soli con la croce nera nelle strade delle città spopolate dalla pestilenza, osservò Don Camillo tra sé».

Ma, nel romanzo, tutto il paese, Peppone sindaco in testa, aspetta Don Camillo e il Cristo per reinventare la processione e metterla al sicuro dal nemico.
Oggi il nemico è il virus cui noi, con Peppone in testa non dobbiamo offrire complicità né, come alleata, l’ignoranza. La compostezza severa della Chiesa, Don Camillo, ci restituirà feste e processioni. Con una condizione in più: le regole. Adesso ho capito perché è beato il tesoro che hanno in mano i Santi Medici: è la scienza.

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