È in pieno svolgimento l’ennesimo scontro di poteri fra governo nazionale e Regioni. Una battaglia che ha caratterizzato tutta la fase dell’emergenza Covid-19 e che è andata in crescendo fino alla iattanza di questi giorni. Al centro della contesa, prima la gestione sanitaria della pandemia e ora le date delle riaperture. Tutti vorrebbero ripartire perché la situazione economica è prossima al disastro. Imprenditori, artigiani, operai sono alla canna del gas dopo oltre due mesi di forzata inattività e premono su sindaci e presidenti di Regione. Ecco allora il fiorire di ordinanze per consentire ciò che per il governo resta vietato. Le spinte più forti arrivano dai territori più flagellati, in testa la Lombardia, che continua a pagare ogni giorno un tributo altissimo in termini di vite umane e di nuovi contagi.
Sin dall’inizio la politica si è trovata spiazzata. D’un tratto ha subito gli effetti degli errori commessi in precedenza: dalla riforma del Titolo V della Costituzione, al progressivo smantellamento della sanità pubblica. La grave mancanza di attrezzature, medici, infermieri e laboratori d’analisi è stata sbattuta in faccia ad amministratori abituati a gestire più i tweet e i post su Facebook che la cosa pubblica.
Allora è stato inevitabile chiedere aiuto. «Affidiamoci alla Scienza» è stato il mantra ascoltato dalle Alpi all’Etna.
All’improvviso una categoria negletta come quella degli scienziati è diventata salvifica, conquistando sul campo un potere enorme. La nostra sete di sicurezza è stata placata dalle parole di fino ad allora anonimi professori, la speranza nel futuro rafforzata da un profluvio di termini specialistici. Abbiamo appreso che R con 0 non è il nome di un nuovo calciatore portoghese, ma la formuletta che decide le nostre libertà, risvegliando così il Piero Angela che è in noi. Da mane a sera, i collegamenti via Skype proposti dalle tv sono stati inflazionati da virologi, immunologi, matematici, pneumologi, statistici, biologi, fisici, ricercatori d’ogni disciplina, tutti accomunati da quella etichetta potente, evocatrice di reminiscenze scolastiche: Scienza.
Sì, Scienza con la maiuscola, intanto perché poteva salvarci la vita e poi perché ricordava la battaglia di libertà di Galileo, le conquiste di Newton, il rigore di Cartesio. Immagini che dalle pagine ingiallite dei vecchi libri di scuola ora balzavano nella nostra realtà quotidiana. Come Totò in Miseria e Nobiltà veniva da dire: «Scienza, che bella parola». Le nostre vite, la possibilità di uscire e di incontrare altre persone, il nostro lavoro, da quel momento venivano messi nelle mani della Scienza. Inevitabile il mea culpa collettivo di fronte alle vessazioni nei suoi confronti, come i tagli alla ricerca, gli ospedali dimezzati, i più brillanti cervelli costretti a fuggire all’estero. La riscossa della Scienza come una favola di Andersen: il brutto anatroccolo che diventa un cigno. Ora c’era il suo fulgido mantello a coprire ansie, paure ed errori.
Ma l’emergenza, con il suo carico di dolori, sofferenze e privazioni, sa essere anche maestra di vita e ci ha mostrato con durezza, quasi con crudeltà, che una cosa è la Scienza e un’altra sono gli scienziati, cioè coloro che dovrebbero esserne i sacerdoti. Di fronte a quegli stessi schermi, da cui con fiducia e speranza guardavamo a chi poteva salvarci dalla pandemia, abbiamo visto con progressiva delusione litigi e battibecchi, numeri interpretati come positivi e negativi, esempi grandissimi di umanità e meschine debolezze. Sotto i camici bianchi, simbolo della superrima conoscenza e garanzia di pulizia morale, è apparsa la nudità degli uomini. Con i loro vizi e le loro virtù, con l’inaspettata popolarità mediatica conquistata ora utile per ottenere un incarico, il finanziamento di una ricerca, la consulenza in una grande azienda. Anche loro a caccia di soldi, potere, fama.
La politica l’ha capito subito e li ha assoldati secondo le proprie esigenze. Ciascuna regione ha costituito le sue task force che, come sacerdotesse del tempio di Delfi, vaticinano il futuro. I presidenti delle Regioni le ascoltano in religiosa obbedienza. Ed è curioso vedere come il responso degli scienziati sia in linea con il volere dei loro committenti. Dotte teorie vengono illustrate a noi profani per dimostrare che anche se ci sono ancora centinaia di morti e migliaia di contagi, si possono riaprire negozi e ristoranti, tornare agli aperitivi di gruppo e alle grigliate con gli amici. Alto Adige e Friuli sono i primi esempi di questa fuga verso la normalità. I politici hanno trovato un nuovo modo per darsi credibilità e ottenere consensi: ripartenza sì, ma con l’autorizzazione degli scienziati, scusate, della Scienza.