Lunedì 08 Settembre 2025 | 20:14

Una Repubblica fondata sul lavoro o sul riposo?

 
GIUSEPPE DE TOMASO

Reporter:

GIUSEPPE DE TOMASO

festa della repubblica

«Oggi viene escluso che tutti i possessori di una carta di identità rilasciata da un Comune del Belpaese siano candidati al conseguimento del «reddito di cittadinanza»

Giovedì 27 Settembre 2018, 15:52

Che uno Stato debba preoccuparsi e occuparsi degli ultimi, non ci piove. Che uno Stato debba preferire politiche «inclusive» a politiche «estrattive», è altrettanto pacifico: ne va della pace sociale. Persino un simbolo della cultura liberista del secolo scorso, come Friedrich von Hayek (1899-1992), trovò tutt’altro che scandalosa l’idea di un «reddito minimo» per i più sfortunati. Anzi, von Hayek la fece sua spiazzando molti ultrà della sua cultura politica.

Ma il «reddito minimo» non è sinonimo di «reddito di cittadinanza». Il primo lascia presagire una platea di beneficiari piuttosto ristretta, davvero colpita dai morsi della crisi economica o dalle disavventure esistenziali. Il secondo - ossia il «reddito di cittadinanza» - prefigura una platea assai più vasta, addirittura corrispondente a tutte le persone provviste, nel nostro caso, di cittadinanza italiana. Per fortuna oggi viene escluso che tutti i possessori di una carta di identità rilasciata da un Comune del Belpaese siano candidati al conseguimento del «reddito di cittadinanza». Altrimenti dovremmo mettere in conto due evenienze: la fabbricazione a oltranza di banconote su banconote e il ritorno in grande stile dell’inflazione a due cifre (con il fondato timore di salire a tre cifre).

In ogni caso, però, l’elenco dei potenziali intestatari del «reddito di cittadinanza» si annuncia piuttosto affollato. Il che ovviamente toglie il sonno al buon ministro Giovanni Tria, che non sa a che santo votarsi, non possedendo, egli, virtù miracolistiche in grado di salvare capra e cavoli, cioè il giudizio dei mercati e le richieste del suo collega Luigi Di Maio.
Che ci sia una fascia sociale bisognosa di aiuti concreti da parte della collettività, non lo mette in discussione nessuno. Ma quando il numero dei richiedenti supera ogni livello di sostenibilità, lo sforzo redistributivo può rivelarsi proibitivo, oltre che suscettibile di aggiungere ingiustizia a ingiustizia.
L’Italia è il Paese di Pinocchio. Da noi le bugie sono un’attrazione nazionale, come la Torre di Pisa o il Colosseo. Da noi i trucchi adoperati nelle dichiarazioni dei redditi fanno impallidire le astuzie dell’omerico Ulisse. E siccome i furbetti del quartierino o del cedolino, in Italia, a differenza del loro celebre evocatore Stefano Ricucci, non vanno mai in vacanza, bisogna mettere in conto un assalto alla diligenza - per agganciare il «reddito di cittadinanza» - degno di una squadra di pirati.
Si dice. Ci saranno i controlli. Bah. Se i controlli ci fossero, non si registrerebbero, in Italia, un’evasione e, soprattutto, un’elusione fiscale da capogiro. Per quale ragione, i controlli dovrebbero iniziare a funzionare d’ora in avanti?
E poi. Chi è in grado di stabilire la vera ricchezza degli italiani, visto che i più la nascondono pure a se stessi, figuriamoci allo Stato? Non solo. Bisogna pure prestare attenzione a non confondere reddito e ricchezza. Un contribuente può percepire uno stipendio succulento, ma, nel contempo, non essere titolare di conti correnti o beni al sole. Viceversa, un suo connazionale può disporre di una ricchezza sostanziosa, ma non ritirare alcun assegno mensile. Insomma, non tutti i ricchi ufficiali sono veri ricchi, così come non tutti i poveri censiti sono veri poveri. Spesso le due categorie sono più interscambiabili dei protagonisti e delle protagoniste di un film con Rocco Siffredi.

Ma un’altra considerazione, a nostro giudizio, suggerisce di procedere con i piedi di piombo nella corsa al «reddito di cittadinanza»: il messaggio culturale, o sub-culturale, che l’obolo di Stato può inculcare e propalare. Un messaggio teso a sovvertire i pilastri di ogni crescita etico-fisiologica: passare dal lavoro come diritto-dovere di ciascuno, al mantenimento, a spese degli altri, preteso come diritto individuale.
Già l’Italia non brilla tanto per intraprendenza. Gli anni del boom sono un ricordo da cineteca. Ma se dovesse affermarsi l’idea che il lavoro è un optional mentre l’assistenza è un elemento essenziale della macchina sociale, neppure gli spiriti più industriosi troverebbero stimoli per creare sbocchi produttivi per sè e per la comunità.

Si ribalterebbero i valori. Definitivamente. Si moltiplicherebbero le pretese. Si additerebbero a biechi sfruttatori i pochi soggetti votati al sacrificio. Ma se tutti tirassero il freno a mano delle proprie attività e ambizioni, se si radicasse la convinzione che tocca solo allo Stato provvedere al sostentamento dei propri cittadini, da chi verrebbero prelevati i quattrini per finanziare un programma così massiccio di finanziamenti pubblici redistributivi? Insomma, non ci vuole molto a immaginare le conseguenze della controrivoluzione culturale che provocherebbe un’assistenza generalizzata a milioni e milioni di persone. Tutti protetti dallo Stato, tutti al servizio dello Stato, cioè della politica. Con effetti collaterali facilmente prevedibili: i più bravi in viaggio verso nazioni più remurative, i più pigri in attesa del sostegno pubblico.
Quello spirito corrosivo di Leo Longanesi (1905-1957) diceva che una repubblica fondata sul lavoro non poteva che desiderare il riposo. Pareva una delle sue, proverbiali, battute fuliminanti. Potrebbe, invece, rivelarsi una profezia. Dalle conseguenze contabili, finanziarie, culturali e, soprattutto, morali, davvero micidiali. Un Paese che dovesse affidarsi solo al «reddito di cittadinanza» potrebbe ritrovarsi con una filosofia di vita capovolta. Sudditanza verso lo Stato e indifferenza verso l’autonomia personale. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)