Il mio primo giorno di scuola lo ricordo come un incubo. Erano i primi di ottobre del 1952, avevo 5 anni perché mi avevano iscritto un anno avanti. Non dormivo da giorni all'idea di lasciare la mia casa per andare in un posto sconosciuto, seduto ore e ore in una classe con chissà chi: la cosa mi terrorizzava.
Mio nonno materno era incaricato di accompagnarmi. Io fingevo di voler andare, ma appena arrivato alla porta di casa mi divincolavo e scappavo sulle scale, cercando di nascondermi da qualche parte. Ma mio nonno, malgrado l’età, era più veloce di me, mi inseguiva e mi scovava ovunque. Credo che questa scena si sia ripetuta tre o quattro volte finché non fui catturato definitivamente e costretto a uscire di casa. Ricordo che mio nonno mi chiedeva: «Ma perché non vuoi andare a scuola?» e io tra le lacrime rispondevo: «Perché non mi va!». E per me come risposta sarebbe bastata e invece il nonno insisteva: «Ma ci sarà un motivo, dimmi perché non ti va. Vedi che la scuola è bella, ci sono tanti bambini della tua età e si imparano tante cose». «Ma io non voglio imparare niente, non ne ho bisogno - gridavo disperato - io so già tutto!».
Che poi «io so già tutto» era il titolo di un librettino che mi avevano regalato i miei genitori: la storia di un bambino presuntuoso che diceva di sapere tutto, ed era soprannominato appunto «io so tutto».
Insomma alla fine mi sono lasciato convincere e sono andato a scuola. Ma sotto sotto, quando ci ripenso, dopo sessantasei anni, non sono sicuro di aver fatto bene ad andarci, perché (rimanga fra di noi) io sapevo già tutto!