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Nicola Simonetti
24 Febbraio 2018
Ricercatori della School of health della Linneus University di Klamr (Svezia) hanno spulciato la letteratura per ricercare le conseguenze che si riversano sulla famiglia dopo che l’infartuato sia tornato a casa.
Questi pazienti lamentano – tutti – il clima di iperprotezione che gli viene riservata specie dal partner. Quasi un simulacro “sotto una campana di vetro” e le raccomandazioni-imposizioni di non far questo, non quello. Persino faccende che lo stesso cardiologo, alla dimissione aveva ritenute compatibili con la convalescenza, gli sono vietate. Il sesso, poi, tabù. Persino la semplice carezza od il bacio. Il “ti fa male” è la frase più comune ripetuta centinaia di volte nella giornata. Il 60% dei pazienti con scompenso cardiaco dichiara di avere difficoltà causate da farmaci (forse) e/o da paura – specie del partner - che far sesso possa compromettere l’equilibrio raggiunto.
Per il 30% di loro, “sesso, ei fu. Ora non più”.
Il conflitto fra coniugi, allora, diventa regola quotidiana. Lotta continua. E, guai a parlare di infarto, di qualunque sua conseguenza ed altro. Se ne deve tacere ad ogni livello. L’unica comunicazione fra la coppia diventa i farmaci da prendere, gli orari, il far nulla.
Iperprotezione che irrita, fa sentire menomati e che rivoluzione ruoli ed equilibri precedentemente acquisiti. Ed il soggetto si sente un escluso, un messo da parte, un inutile orpello, quasi un totem, da conservare in casa.
Il consiglio degli autori è, invece, l’inserimento graduale nella vita di famiglia, nei compiti, nei ruoli. Infarto non significhi cesura nella vita di ogni giorno. Inoltre il miglioramento della comunicazione all’interno della coppia.
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