I volontari sono un perno invisibile ma insostituibile che sostengono, ascoltano e umanizzano le cure, fugano pregiudizi e paure. Ne è di dimostrazione ed esempio, quanto avviene – dice il prof. Marco Krengli, presidente Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica - nei reparti di radioterapia: centinaia di volontari affiancano con discrezione i pazienti oncologici che li ascoltano, li accompagnano e li aiutano a orientarsi in un percorso terapeutico spesso faticoso e denso di paure.
E lo fanno senza clamore, ma con una presenza costante che diventa, per molti, un punto di riferimento. «La radioterapia è una terapia ad alta tecnologia, ma richiede anche un altissimo tasso di umanità. La quotidianità delle sedute rende il rapporto umano essenziale e, insieme al personale del reparto, i volontari in questo sono una risorsa straordinaria. Grazie al loro prezioso intervento, essi rendono meno pesante il percorso, aiutano a creare un clima di fiducia e contribuiscono in modo concreto all’aderenza alle cure. Sono una presenza terapeutica e meritano un riconoscimento esplicito nel modello organizzativo della radioterapia. Il primo atto di cura è l’ascolto e la figura del volontario protegge da solitudine, marginalità e discriminazioni soprattutto per quanti vivono la malattia oncologica: un supporto quotidiano, non solo emotivo”.
A differenza di altri trattamenti oncologici, la radioterapia richiede una frequenza quasi quotidiana per diverse settimane. È una terapia efficace, ma che può mettere a dura prova i pazienti sul piano fisico, logistico e psicologico. È qui che i volontari fanno la differenza, offrendo ascolto, orientamento e talvolta anche un aiuto pratico, come l'accompagnamento nei casi di solitudine. Il loro compito non è sostituirsi ai professionisti, ma dare supporto al percorso di cura. “Molti pazienti arrivano in reparto con timori legati a ciò che ancora non si conosce. Il volontario, pur non essendo una figura sanitaria, ascolta senza giudizio e orienta il paziente a porre le giuste domande agli operatori – conclude Krengli - diventando un ponte di comunicazione tra il paziente e l’équipe clinica. Questa vicinanza contribuisce anche a favorire l’aderenza terapeutica, trasformando un percorso complesso in un’esperienza più sostenibile”. La figura del volontario in radioterapia si fonda su una duplice matrice: da un lato l’impegno assistenziale, dall’altro quello formativo e culturale. Tra l’altro, cè anche da superare, da parte del paziente, la diffidenza e la paura dei “raggi”. Il volontario può garantire una presenza regolare e modulata sui bisogni individuali, sui preconcetti, contribuendo a costruire relazioni di fiducia e favorendo l’aderenza al trattamento.