Una giovane star hollywoodiana sbarca a Parigi per girare il remake di Les Vampires, serie muta del 1915 diretta da Louis Feuillade e dominata dalla figura sulfurea di Musidora, attrice e autrice che fece sognare i francesi in piena Guerra Mondiale. Per tutti era soprattutto «Irma Vep», prima vamp del cinema, musa dei surrealisti e di una banda di criminali immaginati dal regista faro della Gaumont.
Olivier Assayas, che l’aveva già resuscitata il tempo di un film nel 1996 (Irma Vep), reinventa per lei un omaggio in otto puntate. Con deambulazioni feline e ritmo stordente, l’autore allaccia abbondanti estratti di Vampires al ricordo del suo film, incarnato da Maggie Cheung - star del cinema hongkonghese che diventerà sua sposa - e al making of della serie diretta da René Vidal (Vincent Macaigne), regista francese la cui biografia ed elocuzione ricordano quelle di Assayas. Annullando i confini tra cinema e serie, Irma Vep - La vita imita l’arte tocca il cuore della sua epoca e un abisso concettuale in cui tutti i personaggi si dibattono. Serie o film? La domanda, implicita, è presa di petto nel terzo episodio che schiera due generazioni, quella di chi stima di fare un film lungo e quella di chi non dubita di trovarsi in una serie, «inciampando» in azioni staccate. La questione non è nuova e si ingarbuglia nel 2000, età dell’oro della tv.
I Soprano, The Wire riaccesero il dibattito sulla presunta superiorità estetica di un medium rispetto all’altro. Dibattito logorante e vano, Assayas lo ha compreso bene, andando oltre il dualismo e confrontandosi coi tempi, quelli dei sentimenti e quelli delle immagini. Il casting saturo di immaginari opposti e la silhouette magnetica di Alicia Vikander fanno il resto sui tetti di Parigi e su Sky Atlantic.