«Non capisci niente», «Non colleghi la lingua al cervello», «Sei una pappagalla». Sono solo alcune delle frasi che avrebbe rivolto ai suoi alunni – di età compresa tra 9 e 13 anni - un’insegnante 61enne di scuola media che ora è finita a processo con l’accusa di maltrattamenti. A presentare denuncia nei confronti dell’imputata assistita dall’avvocato Gaetano Vitale, sono stati i genitori di una sua alunna: questi avevano infatti ripercorso le tappe della vicenda che secondo loro aveva portato la figlia in uno stato di ansia, prostrazione e disagio psicologico. I familiari della bimba – che si sono costituiti parte civile nel procedimento attraverso l’avvocato Antonio Liagi – hanno raccontato di aver prima avuto un colloquio con il preside dell’istituto e poi inviato una pec alla scuola nel tentativo di risolvere il problema.
Secondo quanto ricostruito, la minore era stata presa di mira dalla docente che aveva già manifestato reazioni rabbiose nei confronti anche di altri suoi compagni di classe. La bambina aveva riferito che l’insegnante non solo avesse apostrofato con frasi offensive lei e i suoi compagni, ma che a un certo punto l’avrebbe isolata quando aveva manifestato malessere per i comportamenti tenuti dalla professoressa. Tra gli episodi descritti quello a cui aveva assistito un altro genitore – che non ha mai presentato denuncia formale – che di nascosto aveva seguito una lezione in Dad (didattica a distanza) di sua figlia, assistendo personalmente agli scatti d’ira della 61enne e alla reazione della minore in preda al terrore.
«Oggi vi mortifico, oggi sono stronza, vi faccio vedere io come vi metto in soggezione (…) siete anche gente che pugnala alle spalle». Non solo turpiloquio, ma anche minacce ai suoi allievi se questi avessero osato riferire alle famiglie quanto accadeva in aula e interrogazioni con il limite di 3 secondi per rispondere alle domande (pena un 4 in pagella). Nelle carte dell’inchiesta si legge che l’imputata avrebbe costretto «la classe a dividersi per parteggiare per lei o per l’alunno che di volta in volta era stato sgridato o ripreso, scrivendo le loro posizioni alla lavagna».
È questo il quadro che il pubblico ministero Vittoria Petronella ha ricostruito nei confronti della professionista: una vicenda che avrebbe coinvolto altri studenti che però, secondo l’accusa, non hanno mai denunciato l’accaduto alle autorità perché intimoriti dalle reazioni dell’imputata. Una storia finita ora in un’aula di tribunale e attualmente al vaglio del collegio presieduto dal giudice Laura Orlando.