TARANTO - Le molestie dei sottocapi di nave Martinengo, uno dei quali originario di Tricase in provincia di Lecce, si sono sviluppate in un contesto malsano in cui il comandante avallava o comunque non condannava apertamente quelle violenze, ma assumeva atteggiamenti simili nei confronti dei suoi subordinati.
È quanto ha denunciato alla procura militare un ufficiale in servizio su nave Martinengo tra agosto e dicembre 2021, quando si sarebbero verificati episodi di violenze e molestie nei confronti di donne e uomini dell’equipaggio, alcuni dei quali tarantini assistiti dagli avvocati Giovanni Vinci e Antonella Notaristefano, commessi dall’allora comandante dell’unità navale, Roberto Carpinelli e dai due sottocapi in servizio nelle cucine. Fatti che ora sono all’attenzione della procura militare di Napoli che ha chiesto il rinvio a giudizio per i tre. Dalle carte dell’inchiesta emerge che pochi giorni dopo l’inizio della navigazione verso le coste africane, dove la nave era impegnata in una missione anti pirateria, erano emerse le prime criticità. Un ufficiale di alto rango aveva fatto presente al comandante che il suo atteggiamento non era opportuno, ma quel segnale non era stato colto. E anche quando pochi giorni dopo sono giunti i racconti delle molestie subite dalle donne, l’atteggiamento del comandante verso i due sottocapi non è cambiato: «Ci penso io, me la vedo io» aveva detto al suo staff, ma l’unica misura adottata fu quella di trasferire una marinaia in un altro reparto.
Leggendo le dichiarazioni rese alla procura militare da alcuni membri dell’equipaggio, emerge che in realtà proprio Carpinelli si era impegnato con i vertici della Marina militare affinché uno dei due sottocapi prolungasse il suo imbarco. E quando da Roma arrivò l’ok alla permanenza del cuoco a bordo, questi cominciò evidente a sentirsi un intoccabile: contro di lui, del resto, non fu neppure aperto un procedimento disciplinare per i racconti della donna. Non solo. Uno degli ufficiali che ha reso testimonianza ha dichiarato che i due militari di truppa indagati si sentivano «autorizzati a emulare quel modo di fare».
Le dichiarazioni dei militari hanno dato il via alle indagini interne come ha evidenziato la Marina militare in una nota con la quale ha precisato che «è stata la stessa Forza Armata, sulla base dei fatti appresi, a interessare le competenti Autorità giudiziarie per fare massima chiarezza sulla vicenda e verificare eventuali responsabilità» e aggiungendo che «il personale indagato è stato avvicendato nell’incarico». Infine la Marina ha dichiarato che «assicura la massima collaborazione all’Autorità giudiziaria e condanna fermamente qualsiasi comportamento che danneggi l’integrità e l’immagine dei militari che svolgono con onore e lealtà il loro servizio quotidiano a favore della collettività e delle istituzioni».