TARANTO - «Voglio sapere per Martino che mi deve pagare la macchina domani mattina». È questa una delle intercettazioni evidenziate dagli avvocati Carlo Raffo e Giuseppe Modesti per dimostrare che è stato l’ex presidente della Provincia di Taranto, Martino Tamburrano, a pagare l’auto che invece per la procura era una delle tangenti ricevute per aver concesso l’ampliamento della discarica «La Torre-Caprarica» di Grottaglie. Nell’aula bunker dell’ex corte d’appello, ieri mattina è toccato ai difensori discutere dinanzi al collegio di magistrati che dovrà decidere se assolvere o condannare gli imputati dell’inchiesta «T Rex» e per i quali il pm Enrico Bruschi ha chiesto condanne fino a 9 anni e 9 mesi. La pena più alta è stata avanzata proprio per Tamburrano. Per i suoi legali, Raffo e Modesti, però le cose non stanno affatto come sostiene la procura. Gli avvocati, che hanno chiesto l’assoluzione dell’ex esponente di Forza Italia, nel corso delle loro discussioni hanno sostenuto che da una serie di intercettazioni non trascritte dai finanzieri che hanno condotto l’indagine, si possano ricavare elementi utili a confermare la regolarità dell’operati di Tamburrano. Alcune di queste riguardano le trattative di Tamburrano con il titolare della concessionaria al quale avrebbe anche chiesto, secondo la difesa, informazioni relative all’intestazione dell’assegno. Non solo. In merito alla determina con la quale fu concesso l’ampliamento della discarica, e intorno a cui ruota l’inchiesta, i legali hanno affermato che dal dibattimento sarebbe pacificamente emerso che quella determina era legittima e che non vi furono pressioni di Tamburrano sugli organi tecnici della struttura provinciale.
Sulla stessa linea anche i difensori di Lorenzo Natile, dirigente della Provincia e firmatario della determina di ampliamento per il quale l’accusa ha chiesto una condanna a 6 anni e 6 mesi. Gli avvocati Claudio Petrone e Daniele D’elia, hanno evidenziato che non solo Natile non avrebbe avuto alcun interesse e nessun vantaggio dalla firma di quel documento, ma che non è emerso nel corso del processo nessuna prova che possa chiarire che fosse consapevole del presunto accordo illecito che Tamburrano avrebbe raggiunto con i gestori della discarica. Per la difesa, il pm Bruschi ricava quella consapevolezza da pochi elementi, come una cena con Tamburrano e il fatto di averlo accompagnato a vedere un’auto: ma nelle migliaia di pagine che riempiono i faldoni del processo non c’è neppure un’intercettazione che possa sostenere che fosse a conoscenza di un’intesa illegale. Inoltre i legali hanno ricordato come l’intero comitato tecnico scientifico abbia espresso parere favorevole alla concessione dell’ampliamento e che gli inquirenti non hanno mai interrogato i componenti: è stata la difesa, hanno ricordato gli avvocati Petrone e D’elia, a chiederne l’esame durante il processo e tutti hanno spiegato le ragioni del loro parere favorevole e soprattutto di aver ricevuto alcuna pressione né indicazione da Tamburrano o da altri. Quella stessa determina, inoltre, è stata ritenuta come legittimamente emessa dalla Provincia, anche dal Consiglio di Stato. Infine i legali hanno evidenziato come la procura abbia cambiato più volte l’impianto accusatorio.