I sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm hanno sospeso dalla tarda serata di ieri lo sciopero ad oltranza nello stabilimento Arcelor Mittal proclamato dopo l'incidente mortale avvento a Taranto dopo avere ricevuto una convocazione per lunedì prossimo dal ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio.
«L'incontro ministeriale - è detto in un comunicato - deve essere l’inizio di un percorso, necessario a produrre delle scelte radicali e di cambiamento sui temi importanti quali la sicurezza e la salute dei lavoratori e dei cittadini». «Fim, Fiom e Uilm - conclude la nota - si stringono al dolore della famiglia di Cosimo, che purtroppo risulta ancora disperso, e andranno in fondo per far emergere le responsabilità su quanto accaduto nella giornata di ieri».
LA POSIZIONE DI USB - «Riteniamo profondamente sbagliata la sospensione dello sciopero che Fim Fiom Uilm hanno deciso e pertanto manteniamo la mobilitazione proclamata». Lo annunciano Sergio Bellavita, dell’Usb nazionale e Francesco Rizzo, Usb di Taranto, che in una nota annunciano di avere «formalmente revocato la sottoscrizione dell’intesa del 6 settembre 2018 con Arcelor Mittal che ha definito le condizioni contrattuali della cessione del gruppo siderurgico» per «le gravi inadempienze di Arcelor Mittal rispetto agli impegni assunti in sede ministeriale, peraltro ben testimoniate nel corso dell’ultimo incontro al ministero dello sviluppo economico».
Secondo l’Usb, «Arcelor Mittal non ha rispettato i criteri di selezione del personale all’atto delle assunzioni, non ha rispettato il numero previsto di assunti da subito, ha collocato ulteriori 1400 lavoratori in cassa integrazione e non sa dire quando rientreranno, non garantisce i volumi produttivi sottoscritti nel piano industriale ed infine, non sta investendo nulla per il rifacimento e la messa in sicurezza degli impianti». «Lo stabilimento tarantino non garantisce gli standard minimi di sicurezza dopo anni di progressivo ed inesorabile abbandono degli impianti. Il governo ne prenda atto», insiste il sindacato che chiede la risoluzione per inadempienza del contratto con A.Mittal, e la chiusura dello stabilimento con un impegno pubblico per costruire un’alternativa occupazionale.
EMILIANO CONTINUA L'INTERLOCUZIONE CON DI MAIO - «Sto interloquendo con il capo di gabinetto del ministro Di Maio direttamente e con Di Maio per messaggi, quindi siamo in continuo contatto, anche perché volevamo capire fino in fondo quale era l’interpretazione del ministro fino a prima della tragedia» su «l'atteggiamento di Arcelor Mittal rispetto alla revoca della immunità penale».
«Adesso c'è il sequestro dell’altoforno principale della fabbrica che ha facoltà d’uso ma ai fini della spegnimento, quindi non può essere utilizzato ancora, in più si è verificato questo incidente. Io credo che peggio di così non si possa immaginare». Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, risponde così alle domande dei cronisti sull'attuale interlocuzione con il Governo con riferimento allo stabilimento ex Ilva di Taranto.
«A Milano qualcuno pensa che la Puglia sia contro l’industria nazionale, questo mi addolora. I principali quotidiani italiani che valutano l’impatto sull'economia italiana della vicenda - dice Emiliano - sostengono che noi siamo 'inaffidabilì come soggetti perché non consideriamo l’esigenza della produzione nazionale. Non è vero. Noi abbiamo dato tutta la disponibilità e la comprensione possibile, abbiamo accettato un termine triennale che era stato considerato dalla Corte costituzionale per rimettere a posto la fabbrica, lo stesso termine è stato violato dal Governo con i suoi commissari, e la fabbrica non è stata messa a posto. Ne stanno accadendo di tutti i colori. Le coperture dei parchi minerali che si stanno realizzando sono già tutte piene di minerali perché si realizzano con i parchi minerali aperti che continuano nelle giornate di wind day a spargere veleno di tutti i tipi sulla città di Taranto. E’ una situazione dantesca».
«Lo dico con moderazione - conclude il governatore pugliese - non perché non sia furibondo, ma perché temo che mostrando la mia rabbia risulterei ancora meno credibile agli occhi dell’opinione pubblica nazionale. Sto dicendo delle cose fondate su dati oggettivi, non sto facendo campagna elettorale, o peggio ideologismo ambientale o sulla sicurezza del lavoro».