È iniziata quella che mi piace chiamare La Stagione del Capogiro. Per darsi al capogiro, basta attraversare la carrellata di panorami verdi e già delicatamente ingialliti che si slargano da Lecce verso Brindisi, dove madre natura è adriatica e la grammatica della luce si esprime attraverso il grandangolo di un cielo generoso di nuvole a forma di capodogli oppure di stormi in volo sui filari vivificati dalle viti nuove che formano corridoi a scorrimento veloce che ti aprono il sorriso se osservi dal finestrino di un’auto in corsa. Alto Salento. Riserva Naturale di Torre Guaceto.
Qui, dopo le bianche masserie dai pomi tinti di un bel rosso sangue, dopo la pianura morbida che ti toglie ogni altro pensiero o lo trasfigura in altri filamenti stopposi di cerfoglio appena dorato, in fruscii e movimenti ondivaghi a precedere il colore chiamato mare, lo sguardo rallenta e si concentra bevendo a più non posso la meraviglia che fa respirare improvvisamente a un ritmo diverso da quello di un istante prima. L’oasi WWF è inclusa nella Riserva e riconosciuta come Zona Speciale lungo il tratto di costa che esprime maggiormente la potenza di una bellezza conservata con attenzione e che si estende per 1.800 ettari offrendo una poesia continua di paludi e dune dominate dalla Torre saracena che tutto vede e tutta la storia ed i segreti custodisce.
Persino lo sguardo meno allenato, il più distratto, non può resistere al capogiro innescato dai diversi habitat – la zona umida d’acqua dolce, la macchia mediterranea e la fascia sabbiosa, il mare tra Penna Grossa e gli scogli di Apani - che rendono quasi onirica questa parte del viaggio alla riscoperta dei nostri paradisi pugliesi. La sua anima di specchio, la sua vocazione drenante, ti rigenerano il cuore se vi passi anche solo per una manciata di minuti, anche senza poter osservare da vicino le piante pioniere che la abitano – l’euforbia e la calcatreppola, la cakile e la santolina, il ginepro, il lentisco, il mirto, il timo, il giunco, lo sparzio e il leccio. Anche senza l’avvistamento di un falco della palude, di un cannareccione o un basettino, un forapaglie o una gallinella d’acqua, una folaga o un martin pescatore. Il loro spirito satura l’aria di grazia. E questa grazia sottintende che la Stagione del Capogiro è un’anticamera e un promemoria imprescindibile in questa domenica di poesie dedicate alla madre. Nessuno di noi dimentichi oggi di ringraziare quella sovrabbondanza che ci rende tutti figli di Madre Natura.