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Uno studente tra “supercazzole” e amarcord

 
Nico Pillinini

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Nico Pillinini

Al Sudestival di Monopoli l'annuncio di Elisabetta Villaggio: Fantozzi torna al cinema per i suoi 50 anni

Domenica 18 Maggio 2025, 18:31

Appartengo alla generazione degli anni settanta (formidabili quegli anni li definì Mario Capanna). Eravamo un gruppo di amici che apparteneva alla Controcultura, amavamo vedere film d’autore, frequentavamo le sale d’essai che basavano le proprie scelte di cartellone sul valore artistico delle pellicole. Bazzicavamo anche i cineforum, con dibattito finale contro il quale si scagliò Fantozzi che definendo la Corazzata Kotemkin “una cagata pazzesca”, assurto per questo alla stregua di eroe come tutti rammentano. Lungi da noi andare al cinema per vedere Giovannona coscialunga e filmetti comico-erotico-demenziali. Pensate che una volta trasmisero un bellissimo film L’impero dei sensi, scambiandolo per un film porno lo proiettarono in una sala per voyeur. Per non essere scambiato per uno di loro andai a vederlo con cinque amiche al seguito.

Di film comici che potessero piacermi/ci non c’era grande scelta. Noi abituati alla commedia all’italiana con i quattro colonnelli, Sordi, Manfredi, Gassman e Mastroianni, da non dimenticare la Wertmuller con il suo I Basilischi ci sentivamo orfani. Del Fantozzi di Villaggio tratto da un suo romanzo con la regia di Luciano Salce si parlerà in questo numero di Icaro. Col mio amico Gianni mi recai a Roma, stavo portando un mio dipinto molto grande per partecipare alla quadriennale, ma venne scartato. Da lì partimmo per Firenze, c’è da dire che in quegli anni non c’erano molte informazioni sui film in produzione, qualcosa si riusciva a trovare, solitamente però si trattava di riviste che si soffermavano sul cinema politico e militante. Uno dei quotidiani che amavamo leggere era Paese Sera che usciva il pomeriggio che dedicava molto spazio alla cultura e alla settima arte.

Avevamo letto di un film che stavano girando proprio a Firenze, la storia di cinque amici burloni pensato da Pietro Germi ma che non fece a tempo a realizzare perché morì nel 1974 a soli sessanta anni. La regia passò a Mario Monicelli. La cosa incredibile fu che ci recammo a casa di amici che ci ospitarono lì per un paio di settimane. I nostri abitavano in via dei Rinai proprio sopra il bar dove se la facevano gli “Amici miei”. Avevo frequentato senza completarla l’Accademia delle Belle Arti di Bari, con me avevo il tesserino e avendo fatto amicizia con uno dei tecnici della troupe potei girovagare sui set.

Poter vedere i trucchi fu bellissimo, una mattina entrai nel bar per fare colazione, chi c’era lì? Ugo Tognazzi con gli abiti di scena, osai rivolgergli la parola per complimentarmi, gli dissi che conoscevo la trama del film, mi offrì la colazione, finita la quale ravanando nelle tasche mi disse «non dispiacerti paga tu», ed io di rimando «Ma lei conte Mascetti non esce mai dal personaggio?». Ho conosciuto tutti glia attori compresa Silvia Dionisio. Ho anche assistito alla famosa scena degli schiaffoni dati ai viaggiatori in partenza, in un film di Villaggio ci fu una scena simile solo che i viaggiatori non partivano ma erano appena arrivati.

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