Un lunghissimo piano sequenza girato nel deserto tra palmizi spelacchiati e dune di sabbia è passato alla storia, non solo del cinema. In quei pochi fotogrammi sgranati c’è la plastica rappresentazione della distanza siderale che intercorre tra bellezza e fascino. Nessun colore, solo un cavallo che si intuisce bianco e gli occhi neri e magnetici del divo. Centotrenta anni fa a Castellaneta nasceva Rodolfo Pietro Filiberto Raffaello Guglielmi, consegnato al mito come Rodolfo Valentino. Il suo stesso nome è sineddoche dello charme. Sguardo magnetico e intenso, capelli scuri perfettamente impomatati secondo la moda del tempo, Valentino incarna il prototipo del mascalzone latino per antonomasia, detentore impareggiabile dell’arte di sedurre e incantare il pubblico femminile (ma non solo) che per lui andava in visibilio grazie a un’immagine nuova mai vista prima, quella del seduttore che usa la forza bruta per affascinare. Oggi lo avremmo definito “malessere”, con il fascino del “cattivo” ragazzo che accresce il suo desiderio.
Rodolfo Valentino diventa mito per una micidiale combinazione di fattori che scavallano la soglia della bellezza fisica: incarna un ideale romantico, misterioso e trasgressivo. Soprannominato “il grande amante”, seppe interpretare ruoli che rompevano con la mascolinità rigida dell’epoca. Nei film come Lo sceicco (1921), offriva un’immagine sensuale, languida e intensamente emotiva, diversa dai modelli maschili dominanti. Questa trasgressione lo rese affascinante per molte donne e controverso per molti uomini. Ma è nella morte prematura a soli 31 anni che diventa icona. I funerali solenni, con scene di isteria collettiva, alimentarono il culto della sua figura. Lui prima di James Dean, prima di Marilyn Monroe.
Viso fotogenico, sguardo intenso ed eleganza innata per superare i confini culturali e temporali. Valentino è uno dei pochi divi del cinema muto ancora oggi riconoscibili per stile e carisma. La moda, la pubblicità e il cinema spesso riprendono quel tipo di mascolinità raffinata. Il ragazzo di Castellaneta è sex symbol globale, a partire da un’epoca in cui il cinema cominciava a influenzare profondamente la cultura di massa. Rappresentò un momento di cambiamento nei costumi: molte donne dell’epoca videro in lui un ideale liberatorio, in una società ancora patriarcale. Allo stesso tempo, la sua ambiguità innescò dibattiti su identità sessuale e ruolo di genere, rendendolo un’icona anche per le generazioni successive. Virile ma sensibile, carismatico ma sensuale, Valentino è diventato archetipo di un modello maschile oggi ancora attuale, ma nel suo tempo assolutamente fuori contesto. La sua modernità è straordinaria. Rudy è stato un precursore. Ha sfidato e ridefinito i tradizionali canoni di mascolinità, proponendo un modello più emotivo, senuale e complesso che ha avuto un impatto duraturo sulla cultura del Novecento arrivando a noi con un messaggio potente e straordinario: il fascino rende eterni, non la bellezza. E qui, non c’è “ritocchino” che tenga.