C’è una missione nella vita che trasforma l’età in gioia e consapevolezza, che trasmette agli anni una storia, di incontri e di testimonianze, perché senso di un inizio, di una riscoperta del mondo e di chi lo abita. Questa missione è il lavoro che diviene, giorno dopo giorno, vocazione a santificarsi scoprendo una completezza di sé nel servizio all’altro nel mondo, rendendo il lavoro una via cristianamente redentiva. Pertanto anche in un nuovo sessennio rettorale, missione e vocazione devono tornare a coincidere, a non divergere più, rivelandoci una testimonianza di vita che passa attraverso la propria opera: un raccolto abbondante di grano, una pesca scarsa che induce a verificare i dettagli per la notte successiva e migliorarne così l'esito, una diagnosi nuova che scongiura una prognosi precedente e salva una vita, un incontro con degli studenti i quali accolgono l'invito a un impegno più proficuo, perché la loro stessa vita assuma un significato di riscatto dal passato e di testimonianza nel presente..., tutto ciò e molto altro ancora si fa sprone per un nuovo presente alla guida di una Università.
La formazione universitaria, infatti, permette che, fra crepe di supponenza ed ostici percorsi, si scoprano sempre rinnovate sia la missione che la vocazione, così da rivoluzionare in un senso di unità la propria vita, ritrovandovi un significato peculiare per un altro, o una tappa di aiuto a comprendere la vita come formazione, non filandosela davanti all'incontro didattico né dileguandosi a un ricevimento formativo.
Negare l’incontro, omettere l’impegno ingarbugliandolo con illusioni per governare carriere, professionalizzando soprusi, sarebbe eludere la formazione, impregnandola d’un biascichio altero e sprezzante, peculiare di chi nell’Università, affascinato da incarichi mortificati ad acconti per munifiche prestazioni esterne, rende la missione un inganno penoso e la vocazione una sinistra menzogna. Un tale esito prefigura vie da intraprendere adeguandosi, piuttosto, alle pietrificazioni che usura del tempo ed epopea di prebende e regalie, di scommesse e di vincite truccate, poi recano con sé sulle età, sino a scomporre la vita, frammentandola in una "stucchevole estranea".
La vita professionale universitaria, fatta di didattica e di ricerca, è una missione che si compie nell’essere vocazione a un incontro non giocato, non fatto girare come un nome da sfruttare per la gente che conta, sgomitando nella vita, truccandola di steroidi relazionali per gonfiare salti carrieristici, nella smania, di esangui damerini imbambolati e di fatali vamp coccolone, di farcela per schiacciare qualcun altro.
Le giovani generazioni osservano e comprendono, e, svuotate di senso e di impegno, fuggono via; oppure sciupano la loro vita, modellate alla nevrosi del successo di pasciuti figuri, abilitati ab origine al rustico assalto, famigli affatturati sovente alla verifica di pronostici zodiacali e combinazioni segniche, e loro ascendenti e discendenti familiari, in cui scoprire il profilo abilitativo migliore a un ruolo: chiaroveggenza e divinazione determinano l’algoritmo valutativo.
È promessa, perciò, a una responsabilità ritrovata che un nuovo sessennio rettorale testimoni un’età di raccolta e di rinascita, potenziando la cura di ognuno, santificando l’impegno di guida a una formazione di riuscita per gli studenti e non di sconfitta: una pedagogia punitiva non riscuote maggior zelo, semmai abbandono; una didattica che trasforma in interrogatorio ciò che sarebbe una verifica su determinati contenuti, non rafforza la crescita e non aiuta a maturare, ma rende ogni iscrizione non una speranza di formazione, bensì un sortilegio ed un azzardo, cioè il volto demoniaco di quel che si rivela essere una puntata al buio: le tasse versate dagli studenti e dalle loro famiglie.
L’Università è consapevolezza di un cammino di testimonianza a una scelta professionale, unità vocazionale tra ricerca e didattica, perché ognuno riparta da un gradino più alto, sfuggendo a caparre esterne, o a mance nello smercio dei ruoli, gioco di dadi gettati al fine di aggiudicarsi uno spazio comodo all’obitorio dei posti.
La riscoperta di una qualità vocazionale nella didattica e il ritorno missionario alla ricerca sono dinamiche che permetteranno nei prossimi anni di sottrarsi ai liberi professionisti della prevaricazione, procuratori legali di steroidi relazionali: solo ritrovandosi in comunitaria vocazione educativa, missione testimoniata, potrà l’Università riconciliarsi con il presente delle giovani generazioni, scampando alle lusinghe politiche esterne, il cui salario è la morte (Rm 6, 23).