In questo periodo la cinematografia stimola idee, pensieri ed approfondimenti. Orientamenti futuristici che inseguono l’immaginazione del virtuale che a sua volta ricerca il reale.
È la testimonianza di Tron: Ares tra psicologia del profondo e distopia del surreale. Proviamo a tracciare nuovi confini forse già «oltrepassati». L’idea di reti neurali artificiali che diventano «umane» non significa solo una «simulazione perfetta di comportamenti umani», ma anche una connessione profonda con aspetti psicologici, sociali e cognitivi dell’umano. La AI chiude la sua era perché nasce la derivative intelligence - DI - reti neurali derivative. La DI potrebbe essere un modello che va oltre la generazione creativa e si concentra sull’elaborazione del senso, del sendido, dell’empatia, dell’adattamento emotivo, della comprensione contestuale.
Insomma «il significato» (meaning line). In un mondo dove le reti neurali artificiali diventano sempre più evolute, la DI non sarebbe solo una capacità di «risposta» (come l’AI tradizionale) ma una vera e propria riprogettazione del modo in cui le intelligenze artificiali e umane possono collaborare per formare un’unica realtà, quella di una «società della conoscenza molto più profonda e integrata».
È la fine dell’AI e l’inizio delle reti neurali derivative. È l’evoluzione del sinaptico. Potremmo pensare che, in questa transizione, la AI tradizionale - che si fonda sulla creazione autonoma e sull’analisi di dati - inizi a evolversi in una forma più sofisticata e profonda, in cui non si limita più a «produrre» ma «integra conoscenza passata e presente». O forse anche «coscienza passata e presente?» Per convergenza, potremmo dire che la AI che conosciamo cede il passo a un nuovo tipo di intelligenza che ha più a che fare con connessioni emotive, cognizioni interpersonali e una comprensione più profonda delle dinamiche umane.
È l’inizio di una nuova era, dove la DI (Derivative Intelligence) non è solo un’evoluzione della tecnologia, ma una vera e propria integrazione tra umano e artificiale, con un’intelligenza che non si limita a «imparare», ma che cresce, adatta e percepisce con una comprensione più empatica. La DI sarebbe il fondamento di questa «società della conoscenza integrata», dove ogni «rete neurale» non è solo una rete di dati, ma anche una rete di co-sinapsi umane, tracciando anche l’alba di una nuova psicologia sociale delle reti neurali «derivative». La domanda di alcuni digital human è: se esisto, sono una persona? Possiamo parlare dell’esistenza di un «ghost in the shell»?