Lunedì 08 Settembre 2025 | 19:19

Il deserto e l’angoscia di un mondo che ha perso ogni senso

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Il deserto e l’angoscia di un mondo che ha perso ogni senso

Ed ecco un’altra. Piena notte nelle campagne di Gravina: lui chiude lei in auto e appicca il fuoco; lei riesce a uscire dalla macchina, lui la insegue, la butta a terra, le è sopra, la schiaccia, la picchia e continua pure dopo che un giovane arriva e comincia a gridare

Martedì 08 Ottobre 2024, 13:33

Ed ecco un’altra. Piena notte nelle campagne di Gravina: lui chiude lei in auto e appicca il fuoco; lei riesce a uscire dalla macchina, lui la insegue, la butta a terra, le è sopra, la schiaccia, la picchia e continua pure dopo che un giovane arriva e comincia a gridare. Queste righe di cronaca non per destare nuovo orrore, ma per porre l'accento su ciò di cui stiamo parlando, visto che viene un dubbio: non è che il termine «femminicidio», purtroppo abusato e generico, si stia svuotando di senso?

La cronaca horror prosegue, torniamo alla notte di fiamme e sangue a Gravina: dopo il primo ragazzo, se ne fermano altri due e pare che qualcuno giri un video, che adesso sarà prezioso per le indagini, anche se in realtà pure questo particolare del filmare mette i brividi. La donna sopravvive, sia pure in fin di vita, perché il suo cuore è schiacciato. Respira a fatica, ha la forza di dire ai soccorritori e poi alla figlia che il marito l'ha ridotta in questo stato: «Mi voleva togliere davanti», pare abbia sussurrato in dialetto. Come fece Palmina Martinelli nel lontano 1981, bruciata viva dopo le violenze a Fasano...

Una storia dietro l’altra, il calvario non finisce mai, anche con il passare degli anni. Oggi possiamo addentrarci quanto vogliamo nella storia di questa coppia gravinese, possiamo adombrare qualsiasi disaccordo, scandagliare - come sempre avviene purtroppo - la vita dei protagonisti, le foto, le testimonianze... a volte con la terribile constatazione che molte vicende si somigliano, come per le famiglie «felici» e le diverse infelicità citate da Tolstoj in Anna Karenina.

Arcangela uccisa a Gravina. Giorni fa - ma il caso è ancora soltanto un mero sospetto su cui s'indaga - era Lucia a San Severo, la donna che potrebbe essere finita in un'auto in fiamme ancora per femminicidio. E quante altre, quante decine e decine di altre. La statistica delle atrocità è a sua volta ripugnante: si calcolano 65 femminicidi fino ai primi di settembre solo nel 2024; con una media di 150 all'anno e un totale di 600 omicidi negli ultimi quattro anni. Sono numeri da genocidio, di cui si parla in occasione di ogni strage. Poi, più nulla. Avete notato che in Italia praticamente ogni due giorni viene uccisa una donna? Persino a noi giornalisti che riempiamo le pagine di queste tragedie, che leggiamo i report, che vediamo le immagini, appare tutto in uno stesso incubo.

Le storie sembrano fotocopiate: una si voleva separare. Una si era già separata, quasi era al divorzio. Una forse aveva un altro. Una era stata picchiata più volte. Una aveva denunciato il compagno, ma inutilmente. Una gli aveva detto «se non la smetti ti lascio». Un'altra ancora aveva accettato l'ultimo appuntamento. Non possiamo entrare in ogni singola tragedia personale, così come non riusciamo nemmeno ad immaginare il buio e la rabbia che possa aver guidato queste mani omicide. Ma la solitudine sì, possiamo vederla. Di chi ha ucciso e di chi è vittima, in un mondo che ha perso il senso di ogni cosa, se si uccide a mani nude e se magari si filma uno che uccide a mani nude. Sì, l'attimo, la paura, la mente che va in tilt... Ma possibile che ogni volta le mostruosità si sommino? Il nostro universo fintamente chiassoso e unito, giusto e democratico, conciliato e parificato, nasconde lembi raccapriccianti. Piccole feritoie in cui la sottile e globale mentalità maschilista continua a insinuarsi, nonostante i grandi passi in avanti nei sessi, provocando non femminicidi in senso diretto, ma seminando le radici di quell'insano senso del possesso che poi alla fine in certi casi esplode.

Il mondo che ha perso il senso di tutto s'imbeve di Tiktok, cresce – per modo di dire – in un humus che sa troppo di vuoto o di marcio.

I governi, i politici, gli inquirenti, la giustizia... nessuno può risolvere nulla da solo. Eppure, altro che collaborazione, fiumi di parole e di vittime, con tanta burocrazia a danneggiare tutto. Due anni fa l'Italia è stata condannata della Corte europea dei diritti umani per non aver saputo proteggere una donna dall’ex marito violento, da lei denunciato. Sapete per quante volte? Sette, ben 7 volte, ma comunque autorizzato ad avvicinarsi a lei e a dare infine il suo colpo finale. Questa notizia dimostra che la violenza maschile – qualunque sia la sua origine – è davvero un problema sottovalutato da un Paese che evidentemente non prende sul serio la questione... dimostrando che a questo punto le vere cause di tutto, da quel semi-impercettibile maschilismo imperante, alla carenza culturale, fino alla tolleranza sofferta per il genere femminile e l'educazione sentimentale sconosciuta, esistono eccome. Sono parte del nostro modo di pensare, anche inconsapevolmente, da uomini, da donne, da ragazzi, da adolescenti.

Quanto era violento già in passato quest'uomo? Oggi si scandagliano i suoi precedenti, ieri nessuno si occupava di lui e della sua famiglia, abbandonata alla succitata infelicità. Gli esperti nei talk ci insegnano che vanno ascoltate sia le donne che denunciano, sia quelle che non denunciano. Ma come? Chi? E con quale risultato? Facile a dirsi, purtroppo la paura assale chi deve parlare. Chi conosce il disagio sa invece quante sono le porte sbattute in faccia, le attese, i rinvii, la giusta apprensione perché denunciare l'ex compagno violento e restare senza tutela significa rischiare due volte. Immaginiamo il tormento di una sposa infelice, in un paese in cui tutti sanno tutto e nessuno sa nulla; immaginiamo la bellezza matrigna della campagna pugliese, con il volto del fascino e la tragedia dell'isolamento. Chissà, forse così ha vissuto questa famiglia ora distrutta, con una figlia che ha ascoltato le ultime parole della madre col cuore spezzato. Ma la storia poteva accadere, come è accaduta, in città, tra la gente, in quei deserti umani che frequentiamo. Val la pena ricordare che esistono anche numeri verdi, associazioni o il 1522, il numero nazionale attivo 24 ore su 24. Chissà se una voce potrà mai aprire la porta del buio.

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